Caritas, il servizio dei francescani nel centro d’accoglienza a Sacrofano

Frate Ciamei (Torre Angela): per ora c’è «l’imparare a “stare con” e la fraternità, che sono poi la base del nostro carisma», da «operatori nell’urgenza»

Diminuiti inevitabilmente gli impegni per la sospensione delle attività pastorali a seguito della diffusione dell’epidemia di coronavirus, nelle scorse settimane i frati Minori francescani delle comunità di Torre Angela e del Palatino, della Provincia di San Bonaventura di Abruzzo e Lazio, hanno contattato la Caritas diocesana manifestando la loro disponibilità a mettersi a servizio degli ultimi. «Con una bella lettera – racconta frate Alessandro Ciamei, della comunità di Torre Angela -, il direttore don Benoni Ambarus ci ha lanciato la proposta di operare nel centro di accoglienza straordinario “Fraterna Domus” di Sacrofano, dove in quattro ci siamo trasferiti da una decina di giorni».

Attivata dalla Caritas di Roma in seguito all’emergenza sanitaria, la struttura si è aggiunta ai quattro centri di accoglienza diocesani per persone senza fissa dimora: ostello “Don Luigi Di Liegro” alla Stazione Termini, casa di accoglienza “Santa Giacinta” alla Cittadella della carità, centro di accoglienza “Gabriele Castiglion” a Ostia, centro per il Piano freddo a Ponte Casilino. «In questo modo – spiega il religioso -, con la dislocazione a Sacrofano di 90 persone, si riuscirà a consentire agli ospiti la permanenza nei centri nell’arco delle 24 ore», dopo la richiesta del Comune di Roma di estendere l’accoglienza all’intera giornata, garantendo le misure e le disposizioni legate alla sicurezza e alla salute.

Gli utenti del centro temporaneo di Sacrofano «hanno età e nazionalità diverse: sono italiani e stranieri, dai 20 agli 80 anni – continua Ciamei -, con tante storie di vita differenti perché sono persone rimaste per strada per i motivi più disparati». In questi primi giorni «si sta cercando da parte nostra di impostare la convivenza e di garantire l’inizio delle attività che andranno via via definendosi – dice ancora il religioso -; per ora c’è la gestione dei pasti a partire dalla colazione delle 7, il porzionare il cibo e il controllo delle condizioni di igiene». Più di tutto ci sono «l’imparare a “stare con” e la fraternità che sono poi la base del nostro carisma di francescani – conclude Ciamei – con la particolarità dell’ospitare l’altro non a casa nostra e quindi con modalità nuove anche per noi, che in questo caso siamo operatori nell’urgenza e non nella quotidianità dei nostri spazi».

30 marzo 2020