Il lavoro, «vocazione e strumento nelle mani degli uomini»

La lettera del vescovo Ruzza e di don Pesce (Pastorale sociale) a lavoratrici e lavoratori di Roma: «Realizzate ogni giorno il progetto di Dio sull’uomo»

Il vescovo Gianrico Ruzza, delegato per la pastorale sociale degli ambienti e del lavoro, e don Francesco Pesce, incaricato dell’Ufficio per la pastorale sociale del Vicariato, scrivono alle lavoratrici e ai lavoratori della diocesi di Roma per fargli giungere «la vicinanza dei cappellani del lavoro e nostra personale» in «questo momento così difficile». Rinnovando l’invito a ottemperare alle indicazioni fornite dalle autorità civili in materia di prevenzione del contagio, «per il bene proprio e per il senso di responsabilità verso la collettività», Ruzza e Pesce ricordano le parole «profetiche» rivolte da Giovanni Paolo II ai lavoratori della città di Roma, in un documento «unico e straordinario». Il cristiano, scriveva il Papa santo, «sa anche che il lavoro fa parte del quotidiano cammino di purificazione e di salvezza per quanti l’accolgono in spirito di obbedienza alla volontà di Dio e di servizio umile e paziente verso il prossimo. Nella croce di Cristo egli troverà la forza per affrontare situazioni di disagio o di difficoltà e per offrire a tutti una efficace e coerente testimonianza».

Su tutti i due firmatari della lettera invocano la benedizione di san Giuseppe, di cui tra pochi giorni la Chiesa celebrerà la solennità. «Il nostro pensiero, la nostra preghiera – soprattutto all’Altare dove presentiamo il frutto del lavoro –  è anche per voi», si legge nel testo. E ricordano della celebrazione dell’8 dicembre di ogni anno nella chiesa di Trinità dei Monti, dedicata al mondo del lavoro, con l’omaggio floreale alla Vergine in piazza Mignanelli, «in comunione con Francesco, anche lui pellegrino ai piedi della Vergine». Con il Magnificat «anche noi possiamo esaltare l’opera di Dio, che ha compiuto e continua a compiere cose grandi anche attraverso il lavoro di tutti noi. Vi ringraziamo perché voi sui luoghi di lavoro, nelle vostre aziende, nei vostri uffici, realizzate ogni giorno il progetto di Dio sull’uomo».

Dal vescovo e da don Pesce, l’augurio di «poter sempre ricominciare dal “mistero di Nazareth”, da quel silenzio lungo trent’anni – quasi l’intera vita di Gesù – che manifesta come la Grazia divina passi attraverso il silenzio e la laboriosa operosità. Questo – scrivono – ci insegna il Gesù che lavora con mani d’uomo, come ci ricorda il Concilio Vaticano II (GS22). Vi auguriamo: come gli abitanti di Nazareth, anche voi mantenete sempre lo stupore dinanzi al mistero: «Non è costui il figlio del falegname? E sua madre non si chiama Maria?» (Mt 13,55)».

Nel testo, spazio anche a quell’idea di lavoro «libero, creativo, partecipativo e solidale» già contenuta nel tema della 48ª Settimana sociale celebrata a Cagliari nel 2017: un tema che «esprime il desiderio di comunità e di bene comune al quale tutte le componenti del Paese sono chiamate a dare il loro contributo. Grazie, allora, davvero per il vostro prezioso contributo. E grazie per la testimonianza di fedeltà al Vangelo che offrite ogni giorno dinanzi ai vostri colleghi – proseguono Ruzza e Pesce -: abbiamo ben presenti le varie iniziative che sono nate dalla “Missione negli ambienti” del 1999 e che tuttora animano spiritualmente la coesione e la solidarietà all’interno di tanti luoghi di lavoro della nostra città».

In questa Quaresima senza celebrazioni e incontri «per i sacrifici che ci vengono richiesti dall’emergenza sanitaria», l’invito è allora a riscoprire la preghiera personale, che «alimenterà quella comunione così necessaria tra gli uomini che ascoltano la Parola della vita», come nella prima comunità cristiana radunata a Gerusalemme nella memoria del Risorto. Il lavoro, si legge ancora nel testo, «è una vocazione ed è allo stesso tempo uno strumento nelle mani degli uomini, che deve essere tutelato in ogni modo e in ogni situazione». Il rischio – è il monio – è di parlare molto di lavoro e dimenticare i lavoratori, «che non sono un ingranaggio di un sistema: sono persone, volti, storie, padri e madri. Proprio per questo bisogna agire sempre affinché il lavoro possa tornare ad essere uno strumento di liberazione e di riconciliazione; questa è la concretezza del sempre Vangelo, che nel suo donarsi al mondo include anche una dimensione fortemente sociale».

Da ultimo, il ricordo della fragilità naturale di «una natura corrotta dal mistero del peccato, prima ancora che condizionata dai cambiamenti esterni». Citando la notte di fatica senza nessun risultato di Pietro sul lago – «Maestro abbiamo faticato tutta la notte ma non abbiamo preso nulla» -, il vescovo e il sacerdote commentano: «Quante notti ci racconta la Bibbia, quante notti nella vita, nei nostri giorni; quanta fragilità nelle nostre vite, nelle nostre famiglie. Gesù capisce tutto questo e non ci giudica; ci chiede ancora una volta – diremmo in modo speciale in questo momento complesso – di gettare la rete, di continuare a vivere e sperare. Questa volta la rete si riempie perché è gettata sulla Parola del Signore… anche se è paradossale pescare di giorno… anche se in fondo non ci credi più… anche se a volte pensi di non farcela. Lui, lì, all’altra riva ti aspetta sorridente». Quindi l’esortazione: «Nessuno abbia paura: arriva sempre un’alba nuova, dove lo stupore di una pesca imprevedibile ci avvolge e ci entusiasma, come in quel giorno avvenne per Pietro e quelli che erano con lui».

17 marzo 2020