Donne, dalla liberazione alla partecipazione

Renata Natili Micheli, teologa, presidente del Cif, presenta il documento dell’associazione per la Giornata. L’impegno per il bene comune

Nella Giornata internazionale della donna è un invito a guardare non alla complementarietà ma alla corrispondenza del femminile rispetto al maschile quello proposto dal Centro italiano femminile (Cif), l’associazione di ispirazione cristiana nata nel 1944 quale movimento organizzato per una responsabile partecipazione all’esercizio dei diritti politici e alla soluzione dei problemi che travagliavano il Paese in un contesto di profonda evoluzione istituzionale.

«Il documento preparato dal Centro in occasione di questo 8 marzo – spiega Renata Natili Micheli, teologa e presidente del Cif – intende sottolineare che “I diritti delle donne sono diritti umani” » a dire come, «citando una femminista storica quale è stata Agnes Heller, sia necessario passare dagli ideali della liberazione e della emancipazione, a quello della partecipazione, smettendo di misurare i principi di uguaglianza e di parità della donna sul modello maschile ma a partire invece dal concetto di responsabilità». Non si tratta infatti di «rivendicare e ricercare soltanto la nostra personale realizzazione ma anche di operare e impegnarsi per il bene comune: non siamo infatti enti singoli che agiscono isolati ma siamo, o dovremmo essere, “inchinati verso l’altro” come dice Emmanuel Levinas », continua Natili Micheli richiamando anche «i principi di solidarietà e sussidiarietà della Dottrina sociale della Chiesa».

Nel tentare di definire «questo nuovo canone di riferimento per guardare alla donna uscendo dallo sguardo maschile che ha condotto alla formazione e alla diffusione di certi stereotipi culturali», la teologa richiama la Bibbia e in particolare il racconto della creazione contenuto nel libro della Genesi. «Nell’atto creativo di Dio è evidente come già etimologicamente “isha”, ossia Eva, non è semplice complemento di “ish”, cioè Adamo, ma è a lui corrispondente», chiosa Natili Micheli rievocando anche il passaggio del Talmud che ricorda come la donna sia stata tratta dalla costola dell’uomo per essergli a fianco come pari. Tuttavia non si tratta di limitarsi a riconoscere una parità di genere quanto di «ridare luce alla parte specifica,
troppo spesso messa in ombra, di ogni uomo e di ogni donna – evidenzia ancora la presidente del Cif -: l’essere chiamati a ricercare il compimento della propria autentica vocazione e cioè a sviluppare la capacità di diventare ciò che insieme erano al principio: custodi del Creato». Un monito dunque a non «concentrare il discorso sulle qualità specifiche che uomo e donna dovrebbero avere e possedere» ma a «operare per il ben-essere del mondo intero, che deve prevalere su quello di ciascuno».

Ancora, guardando al Nuovo Testamento, la teologa ha osservato come a suo avviso «non c’è una singola icona femminile da portare come modello perché, piuttosto, la donna è immagine e rappresentazione di una vocazione profetica di tutte le donne». Ai tempi della predicazione di Cristo, nota l’esperta, «le donne non avevano peso né trovavano spazio nella società» e non sono infatti state chiamate dal maestro alla sequela «ma lo hanno seguito, compiendo una libera scelta che le ha viste rimanere con Gesù fino alla sconfitta più grande, quando non era più re ma un inchiodato, un crocifisso».

In conclusione Natili Micheli auspica che sempre più «la donna venga messa in condizioni di estrinsecare una particolare influenza per lo sviluppo armonico del bene comune » e che siano soprattutto le nuove generazioni «a riconoscere la necessità di questo tema, malgrado siano lontane da tale sensibilità e sentano di aver raggiunto l’uguaglianza, almeno essenziale, puntando quindi su altre tematiche di partecipazione politica». Da ultimo l’invito alle donne a vivere «il tempo presente nella vera corrispondenza con l’uomo e alla luce della realtà che, sempre, deve prendere il posto delle ideologie».

9 marzo 2020