Migranti al confine tra Grecia e Turchia, usati per fare pressione sull’Ue

Spinti a partire da Erdogan e respinti dalla Grecia, la maggior si muove pacificamente. La testimonianza dell’arcivescovo di Atene e del presidente di Caritas Grecia. Nei campi di Lesbo circa 25mila persone, a fronte di 3mila posti

Scontri al confine tra Grecia e Turchia, dove decine di migliaia di rifugiati e immigrati cercano di entrare in Europa, respinti dalla polizia e dall’esercito greco. Man mano che aumenta la pressione la Grecia invia rinforzi. Gran parte di loro sta cercando di proseguire il cammino pacificamente ma ci sono giovani più aggressivi che hanno ingaggiato scontri con le forze greche a controllo del confine. Venerdì scorso il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva annunciato che avrebbe permesso il transito dei migranti verso i Paesi dell’Ue a seguito dell’intensificarsi del conflitto armato a Idlib, in Siria, dove combattono anche militari della Mezzaluna, a fianco dei miliziani islamisti, oppositori del regime di Assad. Una scelta, quella di Erdogan, motivata dalla richiesta all’Ue di mantenere gli accordi stipulati nel 2016, quando i Paesi membri promisero 6 miliardi di euro di aiuti ad Ankara per finanziare l’accoglienza dei siriani, e non solo, in fuga dalla fame e dalle guerre.

Il numero delle persone ammassate lungo i 120 chilometri del confine greco-turco delimitato in gran parte dal fiume Evros è anch’esso oggetto di disputa: secondo l’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) sarebbero oltre 13mila, 10mila per le autorità greche e ben 100mila per quelle turche. Ma tutti sono d’accordo nel dire che la situazione potrebbe peggiorare nelle prossime settimane. Nel tentativo di fermare l’esodo verso il Paese ellenico il primo ministro Kyriakos Mitsotakis ha annunciato anche la sospensione per tutto il mese delle domande di asilo in Grecia.

Migranti sulla Rotta balcanica. «La pressione di questa massa di povera gente è enorme»,  commenta monsignor Sevastianos Rossolatos, arcivescovo di Atene e presidente della Conferenza episcopale di Grecia, che cerca di fare il punto della situazione. «I rifugiati – afferma – si scontrano da un lato con le forze greche che cercano di impedire loro l’ingresso nel nostro Paese e dall’altro con quelle turche che invece li spingono, anche con la forza, a entrare dopo averli portati gratuitamente in treno, bus e taxi a ridosso dei nostri confini. Vivono in condizioni disperate, dormono all’aperto e non hanno nessun aiuto. Si tratta – aggiunge l’arcivescovo di Atene – di profughi arrivati da tanto tempo in Turchia, in larga parte ospitati nell’area di Istanbul. Tra loro, secondo quanto appreso dai media, anche dei detenuti liberati dai turchi. Non ci sono rifugiati che provengono da Idlib dove adesso si combatte». Per facilitare l’ingresso in Grecia, spiega Rossolatos, «i militari turchi starebbero tagliando il filo spinato al confine greco. È noto che il progetto turco è quello di spingere i profughi verso la Grecia per far pressione all’Ue».

Migranti via mare. «Non possiamo fare molto. Lo Stato sta cercando di creare nuovi centri di accoglienza nelle isole dove sistemare i rifugiati. Esercito e polizia, inviati ai confini terrestri con la Turchia, stanno cercando di respingere il flusso di rifugiati siriani, e non solo, che stanno arrivando dopo il via libera dato loro dal presidente turco Erdogan»: a parlare è il presidente di Caritas Grecia padre Antonio Voutsinos. «Il flusso di migranti dalla Turchia verso la Grecia è enorme ed è impossibile, per noi di Caritas Grecia, approntare qualcosa per loro in questo momento. Non ne abbiamo le forze. È un fenomeno che ci sta cogliendo impreparati. Non ce lo aspettavamo». Anche i campi di accoglienza di Lesbo, dove un bambino è morto durante il tentativo di sbarco di un gruppo di migranti, di Chio e Samos sono al collasso. «In questi campi, dove siamo presenti come Caritas, continuano gli arrivi via mare dei migranti dalla vicina Turchia. I turchi preparano le barche su cui far salire tutta questa povera gente per poi portarla verso le nostre isole. Gli scafisti fanno sbarcare i migranti non appena sono a circa 50-100 metri dalle nostre coste lasciandoli in mezzo al mare. In questo modo rischiano di morire. Non possiamo abbandonarli». In questi centri «fino a un paio di mesi fa i migranti erano un quinto di quelli che ci sono adesso, arrivati a circa 25mila. Lesbo ha una capacità di accoglienza pari a 3mila unità. Così migliaia di persone vivono nei pressi dei campi, alloggiati in tende e rifugi di fortuna in pessime condizioni. Moltissime sono donne e bambini». È di ieri, 2 marzo, la notizia della morte di un bimbo durante il tentativo di sbarco di un gruppo di migranti a Mitilini. Per venire loro incontro Caritas Grecia sta cercando di organizzare un progetto congiunto con Caritas Internationalis e altre Caritas europee. Padre Voutsinos parla di «situazione che sta degenerando. In Turchia ci sono circa 3,5 milioni di rifugiati pronti a partire. Il problema non è solo umanitario ma politico. I migranti sono usati come arma di pressione politica verso l’Ue che pure aveva chiuso i suoi confini 5 anni fa. Da allora nulla è stato fatto».

Oggi, 3 marzo, i presidenti di Commissione Ue, Eurocamera e Consiglio europeo, Ursula von der Leyen, David Sassoli e Charles Michel saranno alla frontiera terrestre tra Grecia e Turchia con il premier greco Kyriakos Mitsotakis. Lo ha annunciato lo stesso Mitsotakis su Twitter, commentando: «Un’importante manifestazione di sostegno da parte delle tre istituzioni, in un momento in cui la Grecia sta difendendo le frontiere Ue con successo». (Daniele Rocchi)

3 marzo 2020