Il Paese ha bisogno di solidarietà, responsabilità e collaborazione

Giugno 1981, le esequie del vicequestore Sebastiano Vinci presiedute dal cardinale Poletti. Fu ucciso dalle Br

Nel susseguirsi dei tragici fatti che hanno colpito sabato scorso 20 giugno, la città di Roma, la funesta conclusione dell’attentato al vicequestore Sebastiano Vinci ha di nuovo scosso la Nostra coscienza di cittadini e soprattutto, di cristiani. Le parole da sole non bastano più a tradurre la costernazione di noi tutti.

La cittadinanza non ha potuto che salutare il valoroso e giovane questore con un incessante pellegrinaggio, con un sofferto rito religioso, con un abbraccio, vero o ideale alla famiglia di quest’altra vittima generosa. Nella commozione generale che ha accompagnato il rito funebre celebrato nella chiesa di San Vitale dal cardinale vicario, alla presenza del capo dello Stato e delle numerose personalità intervenute, non resteranno certamente senza eco le parole vibranti pronunciate dal cardinale. Parole di amore, di consolazione, di sdegno.

«A lei, cara Signora – ha detto rivolgendosi alla vedova del questore – vorrei poter parlare con la forza e la dolcezza di Gesù il consolatore. Lei resta tragicamente sola… Perché? è il mistero della malizia umana che riesce, talvolta, quasi ad offuscare la bontà di Dio…». E parole di amore ha anche pronunciato il cardinale nella sua omelia «alla cara città di Roma, che ha bisogno di tanto amore e comprensione» proprio per il suo ruolo storico di «capitale morale» del mondo, cassa di risonanza di tutti gli avvenimenti «difficili» successi in questi ultimi anni.

Ma essere cittadini di una città così impegnativa, ha continuato il cardinal vicario, significa anche essere più consapevoli delle proprie responsabilità pubbliche, morali e religiose. Dal Papa, spiritualmente presente a che lui pure personalmente ha pagato, dal signor presidente della Repubblica, dai supremi responsabili delle forze di polizia fino all’ultimo agente, fino all’ultimo cittadino di Roma, siamo tutti feriti dall’oscura minaccia dell’odio pazzo e del terrorismo delinquenziale. Siamo pure tutti coinvolti e, quindi, tutti corresponsabili per resistere, vincere e debellare questo pericolo pubblico. Sdegno, ira, proteste, invocazioni di rapida giustizia sovente solo parole ma sono anche tutti stati d’animo comprensibili e muovono ogni ordine di autorità a fare quanto è umanamente possibile per rimediare.

In questo momento la nostra città, il Paese, come del resto molti altri popoli ugualmente provati, hanno bisogno piuttosto che di vendetta e di cieca rivalsa, molto più di amore che si esprime in solidarietà, in senso di responsabilità, in collaborazione che alimenti speranze e concordia. Un pensiero di incoraggiamento a combattere minoranze negative è stato poi rivolto al quartiere di Primavalle, teatro di quest’ultimo, luttuoso, avvenimento. Un quartiere questo, pieno di quelle contraddizioni sociali, edilizie e politiche tipiche di una zona che tenta incessantemente di crescere all’interno di una città per tanti lati soffocante. Ma non è con la paura e il silenzio, certamente, che si combattono delinquenza e terrorismo. Ma a volte, ha precisato il cardinal vicario, è anche una cattiva informazione, diffusa con i mezzi di comunicazione l’esasperazione, la diffamazione, l’avvilimento degli animi e offrire così anche l’impressione di una società immatura che non sa gestire le proprie conquiste.

Ma essere cristiani non significa però essere deboli e sottomessi alle avversità ma anzi essere soldati di Cristo: sono questi gli ammonimenti categorici che il cardinale ha rinnovato alla nostra coscienza nel momento forse più drammatico della sua omelia, rivolgendosi agli anonimi assassini. «Conosciamo le tortuose elucubrazioni ideologiche con cui tentate di giustificare le vostre imprese. Sono vane parole e fumi di veleno che non fanno né storia né prospettiva di un nuovo avvenire. «Restare anonimi, senza volto e bollati per sempre con un solo nome: assassini». Pensateci. Anche per voi esiste una via di ritorno. (Aurora Piras)

28 giugno 1981