I Musei vaticani ricordano i 500 anni dalla morte di Raffaello

In mostra fino al 30 aprile la “Pala dei Decemviri” del Perugino, maestro del “divino pittore”. Jatta: «La prima iniziativa per le celebrazioni raffaellesche»

Ricomposta per la prima volta nei Musei Vaticani la “Pala dei Decemviri” realizzata nel 1495 da Pietro di Cristoforo Vannucci, noto come il Perugino, per la cappella del Palazzo dei Priori di Perugia. Ricongiunta alla cornice dorata originale e alla cimasa, l’opera è ospitata nella sala XVII della Pinacoteca, nel cuore dei Musei del Papa – destinata da due anni alla rassegna Museum at work –, dove venerdì 7 febbraio è stata inaugurata la mostra “All’alba di Raffaello. La Pala dei Decemviri del Perugino”, che dà ufficialmente il via alle celebrazioni raffaellesche per il cinquecentenario della morte del “divino pittore” di Urbino morto il 6 aprile 1520 a Roma. La cornice in legno intagliato e dorato, opera di Giovanni di Battista di Cecco, detto il Bastone, rimarrà a Roma «a lungo termine» ha annunciato durante la conferenza Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria, suscitando l’emozione e la gioia del direttore dei Musei Vaticani Barbara Jatta, la quale non era stata informata di proposito della decisione presa a Perugia.

Visitabile fino al 30 aprile prossimo, l’esposizione è stata possibile grazie alla collaborazione tra i Vaticani e la Galleria umbra dove la Pala è stata esposta fino al 26 gennaio scorso. L’Anno Sanzio 2020, neologismo coniato da Jatta, si apre quindi con la temporanea ed eccezionale ricostruzione di una delle opere più celebri del maestro di Raffaello citata anche da Giorgio Vasari e dalle successive fonti storico-artistiche per la sua bellezza. Nel contratto stipulato con Perugino, datato 6 marzo 1495, i priori spiegavano in modo dettagliato i soggetti a cui il pittore di Città della Pieve doveva attenersi. La Pala è quindi composta dalla tavola – che era già collocata nei Musei Vaticani – raffigurante la Madonna in trono col Bambino e quattro santi importanti per Perugia tra i quali i tre patroni Costanzo, Ercolano e Lorenzo. Con loro anche Ludovico di Tolosa. Sulla pedana del trono è ben visibile in caratteri capitali la firma dell’autore: “Hoc Petrvs de Chastro plebis pinxit”. La cimasa, invece, illustra il Cristo in pietà che emerge dal sarcofago.

Nel 1797 i soldati di Napoleone divisero i due dipinti e portarono la tavola nella Grande Galerie del Louvre di Parigi, abbandonando nel palazzo umbro la cimasa e la cornice che Guido Cornini, responsabile del Dipartimento delle Arti dei Musei Vaticani, ha definito «un capolavoro a sé». Dopo la caduta di Napoleone, Antonio Canova, su mandato di Pio VII, riportò la tavola in Italia nel 1816 insieme a tanti capolavori confiscati dai francesi come il Laocoonte e l’Apollo del Belvedere. La cimasa venne sistemata nel 1863 a Perugia nella nascente Galleria Nazionale dell’Umbria, dove si conserva tuttora. Nel 1820 la Pala dei Decemviri fu collocata nella Pinacoteca di Pio VII, poi in quella di Pio IX nei Palazzi Vaticani, quindi in quella di san Pio X e dal 1932 nella nuova Pinacoteca vaticana voluta da Pio XI dopo i Trattati lateranensi. Il dipinto fu affisso nella sala precedente a quella dedicata a Raffaello Sanzio e non si era mai spostato prima della “reunion” con la cimasa e la cornice e la duplice esposizione a Perugia e in Vaticano.

La mostra “All’alba di Raffaello”, ha spiegato Jatta, «è solo la prima di tante iniziative che i Musei intendono organizzare in occasione delle celebrazioni raffaellesche. Non è possibile comprendere Raffaello e conoscerlo a fondo senza venire nei Musei del Papa».

10 febbraio 2020