Le mafie, «ricerca del potere e del denaro»

Continuano alla Salesiana gli incontri organizzati con Libera. Antonietta Picardi (Corte di Cassazione): evoluzione del modello criminale tradizionale

Le mafie sono in continua trasformazione. Cambiano pelle, tendono a rendersi invisibili e, pur conservando le proprie radici, si adeguano costantemente ai tempi che cambiano. È questo il refrain che ha fatto da sfondo al dibattito sul tema “Le mafie tra vecchi affari e nuovi volti”, svoltosi ieri sera, 4 febbraio, alla Università Pontificia Salesiana, nel quartiere Nuovo Salario. Un incontro che si inserisce nel ciclo di appuntamenti dal titolo “Un percorso di libertà. Mafie, impegno e responsabilità”, promosso dalla facoltà di Scienze della comunicazione sociale dell’ateneo salesiano e da Libera, l’associazione fondata da don Luigi Ciotti e impegnata a sollecitare la società civile nella lotta alla criminalità organizzata.

Ad aprire il dibattito, Antonietta Picardi, sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione, che, indagando l’evoluzione del modello criminale tradizionale, ha sottolineato come «la mafia si sia con il tempo antropomorfizzata, prendendo il corpo di un uomo che vive in una città e non più isolato». Da qui il nuovo profilo degli associati: «Sono colti, intelligenti, conoscono le tecniche investigative e hanno i mezzi per potersi inserire facilmente nel sistema amministrativo attraverso i mezzi della corruzione e intimidazione – ha commentato Picardi -. È dunque un continuo rincorrersi, una vera e propria lotta tra chi ha una capacità maggiore di analisi della situazione».

Un fenomeno, quello mafioso, sempre più metamorfico e pervasivo nel suo raggio d’azione ma fondato su un sistema rimasto per lo più immutato. «La mafia, vecchia o nuova che sia, presenta degli elementi fondamentali che ben vengono indicati dalla Cassazione. Il primo è la territorialità: qualsiasi struttura organizzativa mafiosa deve avere un territorio per controllarlo e per intimorire quanti vivono lì», ha spiegato il sostituto procuratore generale. Seguono poi la «presenza di obiettivi da perseguire da parte degli associati, l’esistenza di epifanie di metodo e, infine, l’assoggettamento omertoso. Solo analizzando attentamente questi fenomeni si sarà in grado di affrontare e contrastare le mafie».

Sull’ossatura economica e culturale che attraversa e caratterizza la criminalità organizzata si è invece espresso Lorenzo Frigerio, coordinatore di Libera Informazione, secondo il quale «le mafie non solo presentano radici solide nei territori d’origine ma sono anche degli attori pienamente inseriti nella globalizzazione». Ne consegue l’emergere, accanto ai business dello scorso secolo, di nuovi affari, caratterizzati per lo più da una commistione tra mercati legali e illegali. «L’abbattimento di queste due barriere è avvenuto tramite lo strumento della corruzione – ha precisato il giornalista -. Si tratta di una storia profondamente legata al nostro Paese e alle classi dirigenti. Infatti, quello tra parti di Stato, istituzioni e mafie è stato un dialogo continuo nel tempo».

Territorio ma soprattutto economia: sono queste le cifre identificative delle mafie di oggi, sempre più estese a livello internazionale. «Per capire come è cambiato questo fenomeno dobbiamo comprenderne l’evoluzione dal sud del nostro Paese al nord e al mondo – ha riferito Frigerio -. Andando a isolare il filo rosso di queste esperienze criminali, ci accorgeremmo che le mafie sono ricerca del potere e del denaro e, quindi, due facce della stessa medaglia».  Una vera e propria “componente organica” che opera all’interno di uno scenario socioeconomico che è mutato nel corso del tempo e che è stato definito in anni non sospetti dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nel corso di un’intervista rilasciata il 10 agosto 1982, a meno di un mese dal suo assassinio. «In quell’occasione il generale, sottolineando l’estensione delle mafie nelle maggiori città italiane e la presenza della loro rete di controllo nei punti chiave, ha illuminato gli anni avvenire – ha commentato il giornalista -. Una testimonianza che ci fa riflettere sull’importanza del binomio impegno-memoria: per capire come agire bisogna, oggi più che mai, fare tesoro delle azioni di quelle leggende che hanno illuminato la storia della lotta alla mafia».

Il prossimo appuntamento in calendario è quello del 25 febbraio, nel corso del quale si parlerà di “Corruzione e mafie nella cultura” con il filosofo Vittorio Alberti, officiale del dicastero vaticano per il Servizio dello sviluppo umano integrale.

5 febbraio 2020