Zuppi: «La Chiesa sia attenta alla richiesta di perdono degli uomini»

Il vescovo commenta l’indizione di uno speciale Anno Santo dedicato alla misericordia. «Il Papa ne parla sempre perché ce n’è poca»

Il vescovo commenta l’indizione di uno speciale Anno Santo dedicato alla misericordia. «Il Papa ne parla sempre perché ce n’è poca»

Venerdì scorso, 13 marzo, il Papa ha annunciato un Anno Santo straordinario dedicato alla misericordia. Avrà inizio l’8 dicembre prossimo, a 50 anni dalla fine del Concilio Vaticano II, con l’apertura della Porta Santa in San Pietro, e si concluderà il 20 novembre 2016. La Bolla di indizione sarà resa pubblica il 12 aprile nella domenica della Divina Misericordia, ricorrenza istituita da Giovanni Paolo II. L’obiettivo è provocare una profonda conversione della Chiesa e, più in generale, del cuore dell’uomo perché l’una e all’altro possano aprirsi sempre più ai poveri, agli ultimi e alle periferie: concetti cardini del pontificato di Francesco. In sintesi, quello che il Papa chiede è la capacità di riconoscersi bisognosi di conversione: «Dio mai si stanca di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedergli perdono».

Monsignor Matteo Zuppi, vescovo ausiliare per il settore Centro della diocesi di Roma, commenta il significato che l’evento giubilare avrà per Roma. La città, che stando alle stime dell’Agenzia romana per il Giubileo nel 2000 vide arrivare circa 24 milioni e mezzo di pellegrini, sarà infatti il punto d’approdo dei fedeli di tutto il mondo. «Roma – spiega il vescovo – è un naturale luogo di pellegrinaggio perché custode della tomba di Pietro e il centro storico, ricco delle memorie di tanti santi, ci ricorda la presenza di Dio tra gli uomini». Prevedibile che in tantissimi si recheranno allora nell’urbe accogliendo l’invito di Bergoglio a «liberarci – spiega il presule – da tanti giudizi e pregiudizi che ci rendono distanti».

Da subito occorrerà prepararsi all’Anno straordinario, sebbene il Papa abbia chiesto che venga vissuto nelle comunità locali. «Ci rendiamo disponibili perché i pellegrini, e in generale tutti gli uomini, trovino una Chiesa attenta alla loro richiesta di perdono». Un punto fermo, quello della misericordia, sul quale il Papa argentino insiste molto: «Di misericordia il Papa parla sempre perché, di fatto, ce n’è poca. Così come Gesù insiste a spiegare che non vuole sacrifici ma misericordia, la stessa che gli uomini esigono per sé ma non sono disposti a concedere agli altri». Zuppi ricorda il motto di Bergoglio, “Miserando atque eligendo”: «La frase è tratta dalle Omelie di san Beda il Venerabile il quale, commentando l’episodio evangelico della vocazione di Matteo, scrive: “Vidit ergo lesus publicanum et quia miserando atque eligendo vidit, ait illi Sequere me” (Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi). Questa omelia è un omaggio alla misericordia divina ed è riprodotta nella liturgia delle ore della festa di san Matteo. Essa riveste un significato particolare per il Papa. Infatti, il 21 settembre del 1953, proprio nel giorno in cui si venera san Matteo, il giovane Jorge entrando in Chiesa sperimentò la presenza di Dio nella sua vita. Quel giorno desiderò confessarsi e, sentitosi toccare il cuore, avvertì la chiamata al sacerdozio».

Piuttosto che semplice sentimento di pena dinanzi alle sventure altrui, il termine “misericordia” traduce la parola ebraica rahamìm, plurale di rehem che significa “utero”. Ecco perché nella lingua ebraica il termine “misericordia” è sinonimo di tenerezza, di amore materno, viscerale. «Avere misericordia significa perciò amare l’altro con un amore compassionevole, pronto al perdono, pronto a chinarsi su chi ha bisogno. E sebbene nella lingua italiana l’espressione “misericordiare” non esista, si può però considerarlo un verbo», così come ha fatto il Papa che ha coniato “misericordiando”, «da declinare in tutti i tempi e per tutte le persone».

Dunque, la misericordia, come è mostrato nella parabola del Padre buono, «è il sentimento di quel padre tenerissimo che va incontro al figlio. Un sentimento che supera la giustizia e la completa sebbene al figlio maggiore tutto ciò appaia inaccettabile, così come appare inaccettabile a tutti quegli uomini che giudicano invece di amare». La misericordia costituisce anche il contenuto fondamentale del messaggio messianico, che nel vangelo di Luca è sintetizzato nella frase di Gesù: «Mi ha mandato ad evangelizzare i poveri». «Sono proprio loro, i poveri – spiega Zuppi, che dal 2000 è assistente ecclesiastico generale della Comunità di Sant’Egidio, particolarmente attiva sul fronte della cura ed accoglienza dei diseredati della Terra -, i fratelli minori di Dio verso i quali ci insegna a praticare quella misericordia che ispira tante scelte e si concretizza ad esempio nell’offrire un pasto caldo o nel provvedere a un tetto sotto cui ripararsi».

Infine, la misericordia rimanda al contesto dell’alleanza e quindi ai temi nuziali e non si può non ricordare il Sinodo sulla famiglia che si riunirà a ottobre per la sua seconda tappa, poco prima dell’inizio dell’Anno giubilare. Francesco è consapevole che la famiglia attraversa una crisi inedita e che bisogna ripartire da una pastorale che si rivolga innanzitutto e ai nuovi sposi. «Per le famiglie sarà un’opportunità di riconciliazione e perdono. Sarà una via per superare tante difficoltà e dissotterrare tanti semi di inimicizia. Come vescovo del settore Centro – conclude Zuppi – sono pronto a collaborare perché Roma diventi un unico, grande santuario di misericordia».

16 marzo 2015