Tensioni Usa-Iran, arcivescovo di Erbil: «Risparmiare al popolo iracheno un’altra guerra»

Bashar Warda parla all’indomani dell’attacco missilistico iraniano a basi militari statunitensi in Iraq, in risposta all’assassinio, per mano americana, del generale Soleimani: «Le nostre comunità hanno bisogno di certezze e di speranza»

L’Iran aveva promesso vendetta per l’uccisione del generale Qassem Soleimani, ordinata dal presidente americano in persona, e ha attaccato due basi Usa in Iraq: al-Asad ed Erbil. Basi in cui si trovano, tra l’altro, anche altri soldati della coalizione anti-Isis, tra cui un contingente di militari italiani. Un’offensiva missilistica che si è conclusa però con pochi danni e nessuna vittima. Il presidente americano Donald Trump ha ribadito però che «tutte le opzioni restano sul tavolo», visto che da Teheran l’ayatollah Ali Khamanei e il presidente Hassan Rohani hanno parlato di «schiaffo agli Usa», continuando a lanciare nuove minacce.

Da Erbil intanto fa sentire la sua voce anche l’arcivescovo Bashar Warda, che invita a «fermare l’escalation della tensione» e, con l’aiuto della comunità internazionale, «ricercare la pace e risparmiare al popolo iracheno la sofferenza di un’altra guerra». L’Iraq, spiega il presule nel suo appello, «ha sofferto guerre per procura per decenni; hanno distrutto il nostro Paese. Ma siamo un popolo coraggioso e di speranza». Warda ricorda l’impegno dell’arcidiocesi caldea, dopo la sconfitta dell’Isis nel maggio 2017 da parte delle forze della coalizione, «per aiutare a ricostruire le nostre comunità devastate di Mosul e Ninive e per riconquistare ciò che avevamo perso a partire dall’agosto 2014» con l’invasione dello Stato Islamico. Impegno portato avanti al fianco di altre Chiese, agenzie cristiane, organismi umanitari, governi e ong.

«Le tensioni di questi giorni – prosegue l’arcivescovo – stanno minacciando le nostre comunità già fragili, stanche della guerra e delle sue tragiche conseguenze. Hanno sofferto per troppo tempo e non possono più affrontare un futuro incerto. Hanno bisogno di certezze, di rassicurazioni, di speranza e di sapere che l’Iraq può essere un Paese pacifico in cui vivere piuttosto che essere vittime e patire infiniti danni collaterali». Come Chiesa, assicura ancora Warda, «seguiremo sempre la strada di Dio nel ricercare la pace, la riconciliazione, il dialogo reciproco e non i conflitti». Cita quindi il patriarca della Chiesa caldea Louis Raphael Sako, che «esprime giustamente le paure e le ansie delle persone e la loro speranza di essere risparmiate dal danno e dalla tragedia della guerra. Ci uniamo al suo appello a ricercare un dialogo civile e a pregare per la pace – conclude -. Chiediamo un’urgente azione della comunità internazionale affinché usi la propria influenza per dissipare le tensioni».

9 gennaio 2020