25 persone morte da settembre – quando sono iniziati i roghi – a oggi. Due Stati nei quali è stata dichiara l’emergenza: il Nuovo Galles del Sud e Victoria. Circa 480 milioni di mammiferi, uccelli, rettili e altri animali morti a causa dei devastanti incendi boschivi del 2019, mentre nelle Blue Mountains solo a novembre e dicembre è andato bruciato il 50% delle riserve naturali. È il quadro dell’Australia devastata dagli incendi, davanti al quale i vescovi chiedono un piano nazionale in risposto alla crisi, rivolgendo al contempo un appello a «prendersi cura della nostra casa comune in modo da prevenire tali calamità in futuro».

A parlare a nome della Conferenza episcopale è il presidente, l’arcivescovo Mark Coleridge, che fa il punto sulla situazione. «L’Australia – dichiara in una nota diffusa nella giornata di ieri, 7 gennaio – sta affrontando una calamità senza precedenti e il fuoco sta divorando la terra in molti luoghi. Anche se non ci troviamo nelle aree più colpite, abbiamo visto tutti le immagini apocalittiche. Sono morte persone, case e città sono state distrutte, il fumo ha avvolto ampie zone del nostro Paese. Non c’è fine all’orrore che ci mette davanti alla nostra impotenza di fronte alla forza devastante della natura – afferma l’arcivescovo -. Gli sforzi dei pompieri sono stati eroici. La resilienza delle comunità colpite è stata straordinaria. Questa risposta rappresenta il meglio dell’Australia. Siamo tutti a fianco di coloro che sono stati colpiti e di chi sta mettendo in pericolo la propria vita per combattere gli incendi», assicura il presidente dei vescovi australiani. Ma «abbiamo bisogno di qualcosa di più delle parole – aggiunge -. Le espressioni di solidarietà sono importanti, ma non bastano».

Coleridge rende onore a quanti in questi giorni stanno lavorando a fianco della popolazione e alle comunità locali, parrocchie e organizzazioni cristiane, che stanno dando un grande contributo, ma «la portata di questa crisi richiede una risposta nazionale e un impegno di tutta la Chiesa per integrare e coordinare ciò che sta accadendo localmente». Per questo la Conferenza episcopale ha predisposto «una rete nazionale» per collegare le persone colpite dagli incendi con persone che possono aiutare in diversi modi, dal preparare i pasti a ripulire le proprietà e ricostruire le comunità, nonché offrire supporto pastorale e di consulenza. A questo scopo sono stati attivati immediatamente gli istituti religiosi e le principali agenzie nazionali cattoliche come il Catholic Health Australia, Catholic Social Services Australia, National Catholic Education Commission e St. Vincent de Paul Society (Vinnies), per garantire «una risposta quanto più efficace possibile». I vescovi hanno poi aperto un conto per la Società di San Vincenzo – particolarmente impegnata a dare supporto alle persone nei territori e negli Stati più colpiti – in cui depositare anche le offerte delle Messe domenicali.

«I nostri esperti sul campo – agenzie come Vinnies, CatholicCare e CentaCare, nelle parrocchie e in altre comunità cattoliche, inclusi ospedali cattolici e operatori di assistenza agli anziani – sanno che questo sarà un processo a lungo termine sia per aiutare le persone colpite sia per ricostruire le città distrutte – scrive Coleridge -. La Chiesa, profondamente radicata in questa terra, è pronta a camminare al fianco delle persone durante il loro cammino di guarigione». Quindi il rinnovato appello alla «preghiera insistente per coloro che sono colpiti dalla siccità e dal fuoco, per coloro che hanno perso la vita negli incendi e le loro famiglie, per la pioggia, perché disseti la terra arida e spenga gli incendi, e per chiedere un’azione urgente volta a prendersi cura della nostra casa comune in modo da prevenire tali calamità in futuro».

8 gennaio 2020