Terracina, i vescovi italiani: «Saremo la continuazione della sua memoria»
Il ricordo di Spreafico, presidente della commissione Cei ecumenismo e dialogo: «Nel suo racconto mai una parola di odio». Il messaggio alla Comunità ebraica
«Colpiva in lui la saggezza del suo racconto. Nonostante il dolore immane vissuto, mai una parola contro, mai una parola di odio». Il vescovo Ambrogio Spreadico, presidente della commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo, ricorda così Piero Terracina, uno degli ultimi sopravvissuti di Auschwitz, morto a Roma, all’età di 91 anni, domenica 8 dicembre. «Nonostante sia stato deportato ad Auschwitz all’età di 15 anni e sia stato l’unico sopravvissuto della sua famiglia, ho trovato sempre in lui un uomo che raccontava in maniera serena la tragedia della Shoah. Emergeva la sofferenza del dramma della Shoah che mai oggi dobbiamo dimenticare», ricorda il presule. Nella memoria di Spreafico, le tante occasioni di incontro alla Marcia che ogni anno a Roma la Comunità di Sant’Egidio organizza per fare memoria della deportazione degli ebrei romani il 16 ottobre 1943. E il pensiero va subito ai giorni di oggi: «Siamo in una fase storica in cui sta rinascendo l’antisemitismo in maniera prepotente, in cui riemergono i gruppi nazi-skin ed appaiono con sempre maggiore frequenza striscioni razzisti e antisemiti negli stadi. Non si può tollerare un mondo che permette cose simili. Bisogna vergognarsi».
Spreafico ha inviato anche un messaggio di cordoglio, a nome dei vescovi italiani, alla presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello, esprimendo «l’impegno della nostra Chiesa perché questa memoria non abbandoni il nostro Paese e l’Europa, e per contrastare ogni rigurgito di antisemitismo consapevoli che le radici della nostra fede sono nella fede del vostro popolo. Mai – assicura – lasceremo sole le comunità ebraiche». Nelle parole del vescovo, «questa è la nostra prima risposta anche come Chiesa cattolica. A noi oggi spetta il compito, anzi il dovere, di essere la voce dei testimoni. Non possiamo più permetterci che in un mondo come il nostro, ci siano ancora alcuni cristiani che condividono un certo modo di pensare il passato e la tragedia della Shoah».
Ancora, il presidente della commissione Cei per l’ecumenismo e il dialogo invita a ricordare sempre le parole di Pio XI: «Noi siamo spiritualmente semiti». Significa, spiega, che «la nostra fede cristiana poggia sulla fede di Gesù Cristo, figlio di Dio, che era ebreo a tutti gli effetti come sua madre e come gli apostoli. Siamo quindi radicati in questa fede e non possiamo dimenticarlo». Nelle cronache di pochi giorni fa, le le dichiarazioni di un consigliere comunale di Trieste che ha ammesso di sentirsi «offeso» perché la senatrice a vita Liliana Segre aveva detto che Gesù era ebreo. «Se uno dice di essere cristiano – taglia corto Spreafico – dovrebbe sapere che Gesù è nato da una donna ebrea ed ha vissuto in un contesto ebraico. I Vangeli raccontano che frequentava la sinagoga come del resto anche le prime comunità cristiane e l’apostolo Paolo. Noi abbiamo dentro la nostra fede cristiana, le radici ebraiche». Quindi un monito: «Sarebbe bene prima di parlare, ragionare e documentarsi, anche perché siamo in una fase storica in cui non ci si può permettere di non rendersi conto di quello che si dice. Parlare di meno e ragionare di più, essere uomini e donne di incontro e dialogo».
Per monsignor Spreafico, il modo migliore per onorare oggi Piero Terracina e con lui tutti i testimoni della Shoah che non ci sono più è «ricordarli, diventare noi la continuazione della loro memoria. Bisogna raccontare e soprattutto far capire che la guerra è un male, e l’odio – anche quello che viene troppo spesso espresso sui social – è un male che se siamo cristiani va confessato».
9 dicembre 2019