Il sindaco Raggi: «Roma è una città antifascista»

Via dalle strade i nomi dei firmatari del Manifesto della razza. Al loro posto, Mario Carrara, Nella Mortara, Enrica Calabresi, «vittime delle discriminazioni razziali del regime»

Roma cancella dalla sua toponomastica i nomi di due firmatari del Manifesto della razza, a cui erano precedentemente intitolate due strade e un largo. Al loro posto, sceglie di ricordare tre scienziati, tra cui due donne, che al contrario furono vittime delle discriminazioni razziali durante il regime fascista, al quale scelsero di opporsi. Da ieri, giovedì 21 novembre, nel municipio XIV via Donaggio diventa via Mario Carrara, largo Donaggio diventa largo Nella Mortara, mentre nel IX municipio via Zavattari si chiama via Enrica Calabresi.

L’inaugurazione delle nuove intitolazioni, avvenuta ieri, è stata la conclusione di un percorso partecipativo avviato un anno fa in occasione dell’ottantesimo anniversario delle leggi razziali, ricordano dal Campidoglio, che ha portato l’amministrazione, insieme agli studenti e ai cittadini dei municipi interessati, a scegliere il cambiamento delle denominazioni. Dopo la lettera inviata dal sindaco Virginia Raggi ai residenti, nel settembre 2018, si sono susseguiti incontri con i cittadini e gli studenti delle scuole di zona. «La Commissione consultiva di Toponomastica di Roma Capitale ha indicato dieci nomi tra i quali scegliere i tre nominativi a cui intitolare le strade. Successivamente, a esprimere la propria preferenza sono stati gli alunni delle scuole coinvolte nel progetto, attraverso una piattaforma elettronica», spiegano dall’amministrazione capitolina.

largo nella mortara, via mario carrara, roma antifascista«Con queste nuove intitolazioni – è il commento del sindaco Raggi – ricordiamo persone che furono vittime delle discriminazioni razziali del regime fascista e pagarono in prima persona la scelta di opporsi. Ritengo sia molto importante che questa decisione sia maturata attraverso un itinerario di partecipazione che ha visto protagonisti cittadini e studenti. Si è trattato di un momento di riflessione e di crescita collettiva utile a comprendere le responsabilità degli orrori del passato che anche la nostra città ha subito». Quindi la prima cittadina ha rivendicato con orgoglio: «Roma è una città antifascista, insignita della medaglia d’oro al valore militare per il suo ruolo nella guerra di Liberazione. Molti suoi cittadini furono perseguitati in seguito alle leggi razziali, fino all’orrore della deportazione dopo il rastrellamento del ghetto. Roma – ha proseguito – non poteva tollerare che anche solo tre sue strade fossero intitolate a firmatari del Manifesto della razza». Nelle parole del sindaco anche la certezza che «i ragazzi e le ragazze che hanno partecipato alla scelta dei nuovi intestatari delle strade trarranno giovamento da questo percorso impegnandosi per i valori di umanità e solidarietà contrapposti alle manifestazioni di odio, sopraffazione, razzismo e antisemitismo che purtroppo ancora sussistono».

Accanto al sindaco, nel momento dell’inaugurazione delle nuove targhe anche la presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche in Italia Noemi Di Segni e Lea Polgar, ebrea originaria di Fiume, che ha vissuto sulla sua pelle le leggi razziali ed è stata salvata dal rastrellamento del ghetto di Roma da Aurelio Mistruzzi e da sua moglie Melanie, riconosciuti, anni dopo, dallo Yad Vashem come Giusti tra le nazioni. Proiettata anche una sintesi del film “1938. Quando scoprimmo di non essere più italiani”, presentata dal regista Pietro Suber insieme al produttore Dario Coen.

Ha parlato di «un accadimento eccezionale» anche Luca Borgomeo, il vice sindaco di Roma, con delega alla crescita culturale, riconoscendolo come frutto di un processo partecipativo lungo un anno. «La città cambia – ha detto – anche scegliendo come chiamare i luoghi dove viviamo e lavoriamo; così da oggi nella Capitale invece di ricordare due persone protagoniste di uno dei momenti più bui della nostra storia, passando per quelle vie potremo  ricordare chi si oppose e subì le persecuzioni del fascismo». Non più dunque chi sostenne il Manifesto posto alla base delle leggi razziali promulgate dal fascismo nel 1938 – che condussero alla cancellazione di diritti basilari per gli ebrei e poi alla loro deportazione nei campi di sterminio – ma tre scienziati.

Nella Mortara, Mario Carrara, Enrica Calabresi, roma antifascistaIl primo, Mario Carrara, emiliano, laureato in Medicina e chirurgia, docente all’Università di Torino, perse la cattedra quando rifiutò di prestare giuramento di fedeltà al fascismo, subendo anche l’arresto con l’accusa di aver promosso attività contro il regime. Morì l’anno seguente. Nella Mortara, pisana, docente di fisica sperimentale e poi direttore dell’Istituto di via Panisperna, nel 1939 venne dichiarata decaduta dall’abilitazione alla libera docente «perché di razza ebraica». Dopo una fuga in Brasile dal fratello, trovò rifugio tra le Orsoline polacche, a Roma. Fu reintegrata all’università solo dopo la guerra, vedendo confermata la sua abilitazione alla libera docenza solo nel 1949. Si è spenta a Roma nel 1988. Infine, Enrica Calabresi, nata a Ferrara, studentessa di Scienze alla facoltà di Matematica, a 27 anni era segretario della Società Entomologica Italiana. Professore incaricato di entomologia agraria e direttrice del corrispondente istituto alla Facoltà di agraria dell’Università di Pisa, nel 1938, in seguito alle leggi razziali, le furono tolti tutti gli incarichi e l’abilitazione alla libera docenza. Decise di non emigrare e rimase a Firenze senza rinunciare all’insegnamento, istruendo, dal 1939 al 1943, gli alunni ebrei espulsi dalle scuole pubbliche nella scuola ebraica di via Farini. Nel gennaio del 1944 fu arrestata e portata a Santa Verdiana, un ex-convento trasformato in carcere. Sapeva che da lì sarebbe stata deportata al lager di sterminio di Auschwitz e scelse di sottrarsi a questo destino ingoiando, il 18 gennaio 1944, un veleno che da tempo portava sempre con sé. Morì nella notte fra il 19 e il 20 gennaio.

22 novembre 2019