Niccolò Campriani: carabina, medaglie e sostegno ai rifugiati

Il pluricampione olimpico di tiro a segno racconta il progetto nato in un campo con l’Unhcr. «Dopo 16 anni di carriera non finirò con l’ultimo colpo all’Olimpiade»

Niccolò Campriani è il nuovo ambasciatore Safe risorse con energia. Ricevendo il riconoscimento a Palazzo Colonna dalle mani del presidente Raffaele Chiulli, il pluricampione olimpico di tiro a segno con la carabina ha parlato della sua storia, ma soprattutto del suo nuovo progetto con i rifugiati a cui stanno aderendo molti altri campioni. «Un risultato inaspettato di cui sono felice», dice sorridendo. Fiorentino, 32 anni, 3 medaglie d’oro olimpiche (carabina 50 metri 3 posizioni a Londra 2012 e Rio De Janeiro 2016, dove è oro anche con carabina 10 metri aria compressa), altrettante agli Europei e alle Universiadi, 9 argenti (tra cui Londra) e 4 bronzi. Non solo: laureato in Ingegneria meccanica negli Stati Uniti grazie a una borsa di studio e in Ingegneria dello sport a Londra, ha svolto anche lo stage di un anno alla Ferrari.

Il pluricampione nel 2017 si è ritirato dalle competizioni. Ora è membro Cio e a Losanna ha voluto condividere esperienza e capacità con tre immigrati. «Madhi è afghano, Khaoula e Luna sono una africana e l’altra mediorientale, non posso dire la nazionalità per ragioni di sicurezza in quanto rifugiate – sottolinea Campriani -. Grazie alla collaborazione con Olympic channel porto avanti il progetto “Taking Refuge: Target Tokyo 2020“, in onda a inizio 2020. L’obiettivo è far entrare i ragazzi nella squadra olimpica dei rifugiati. Mahdi era in Svizzera e in stand by da quattro anni. A Doha ha ottenuto il punteggio necessario per entrare nella squadra olimpica per il tiro a segno 10 metri carabina aria compressa». Si allenano in un piccolo poligono a Losanna, allestito grazie al contributo di ex sponsor e avversari. «Dopo 16 anni di carriera non finirò con l’ultimo colpo all’Olimpiade. Il progetto sta crescendo e vogliono aderire campioni di altre discipline con i rifugiati nei loro Paesi. Ci saranno presto dei cambiamenti per coinvolgere quante più persone possibili».

Nel libro “Ricordati di dimenticare la paura” (Mondadori 2019) Niccolò Campriani parla della sua esperienza. «Sono stato in Zambia in un campo profughi con Unhcr – racconta -. A loro ho donato la differenza di premio tra la medaglia d’oro e quella d’argento vinta a Rio. Questo perché ho vinto per un errore del mio avversario. Non è facile coniugare rifugiati e tiro a segno: le armi erano vere e rivolte contro di loro. Durante l’allenamento devi dimenticare tutto, è un modo per lasciar fuori le paure; per questo abbiamo messo loro a disposizione uno psicologo. Dopo 250 giorni sono persone diverse. Ora mancano altrettanti giorni alla prossima Olimpiade. A loro serve accettare più che dimenticare. Nel campo profughi il ragazzo che mi accompagnava mi disse: “Devi credere in loro, non averne compassione”. È scattato qualcosa. Mi stanno dando tantissimo e mi hanno fatto riappacificare con il mio sport di cui ero saturo. Se penso alle ore passate a mirare un puntino su un pezzo di carta capisco che ne è valsa la pena», aggiunge, perché «il mondo non si cambia da soli, né posso cambiare la vita di tante persone ma di un gruppo ristretto sì. Bisogna essere alleati sui valori altrimenti non si va da nessuna parte. Mi sono allenato e consigliato con il mio avversario in America e questo confronto ha portato entrambi sul podio. L’allenamento senza difficoltà non serve. Dopo il mancato risultato a Pechino occorreva cambiare qualcosa. Grazie a quel colpo sbagliato poi sono arrivate le medaglie». Per questi e altri rifugiati si apre la porta su un futuro carico di speranza.

20 novembre 2019