34 vittime, tra cui 8 bambini e 3 donne. È il bilancio dei bombardamenti israeliani degli ultimi giorni sulla Striscia di Gaza. Nei Territori occupati palestinesi è in atto una crisi umanitaria dimenticata, con 2,5 milioni di persone – tra cui oltre 1 milione di bambini – che dipendono dagli aiuti per la propria sopravvivenza e 1,9 milioni di persone senza regolare accesso ad acqua pulita e servizi igienico sanitari.

La denuncia arriva da Oxfam Italia, che nella giornata di ieri, 14 novembre, ha lanciato il nuovo rapporto “Dal fallimento alla giustizia”, a 26 anni dalla firma degli accordi di Oslo. A illustrarlo è Paolo Pezzati, policy advisor per le emergenze umanitarie di Oxfam Italia. «Fino a oggi – afferma – il fallimento del “processo di pace”, definito nel ’93, ha di fatto consentito una sistematica violazione del diritto internazionale, culminata nell’atroce offensiva su Gaza del 2014, e la negazione dei diritti fondamentali di una buona parte del popolo palestinese, che non è mai stato davvero coinvolto nelle decisioni sul proprio futuro». Ancora oggi, prosegue Pezzati, 2 milioni di persone vivono intrappolate nella Striscia di Gaza, «senza nessuna prospettiva. Tutto questo è il risultato di tantissimi errori da ambo le parti e di una politica quasi sempre unilaterale e imposta dall’alto». I risultati: la «paralisi dell’economia palestinese», il quadruplicarsi del numero di coloni negli insediamenti israeliani illegali  – dai 116.300 del 1993 ai 427.800 attuali, escludendo Gerusalemme est – e la «cronicizzazione di un’occupazione che dura ormai da 52 anni senza nessuna reale prospettiva di pace per i palestinesi, gli israeliani e l’intera regione. Palestinesi e israeliani sono rimasti bloccati in un limbo che dura ormai da 26 anni e deve finire al più presto».

In questo contesto Oxfam lancia un appello alla comunità internazionale, affinché non si ripetano gli stessi errori del passato e si dia il via ad un nuovo e concreto processo di pace. «La comunità internazionale ha una grandissima responsabilità per il fallimento del processo di pace – aggiunge il policy advisor dell’organizzazione -. Per questo oggi non può restare ancora inerte e consentire che palestinesi e israeliani debbano sopportare il peso e gli effetti disastrosi di altri due decenni di false promesse e di un processo di pace che non è mai iniziato davvero. È necessario che ogni nuovo negoziato preveda prima di tutto il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale, venga monitorato da terzi, preveda tempi chiari e certi, garantendo un progressivo processo di inclusione delle tante donne e giovani che vivono ai margini nei territori occupati palestinesi».

15 novembre 2019