Le Catacombe di Priscilla. Nel giorno della commemorazione dei defunti, il 2 novembre, Papa Francesco ha scelto di celebrare per la prima volta in una catacomba, ricordando tutti i cristiani di ieri e di oggi costretti «a  nascondersi» perché perseguitati. «Un momento di storia brutto che non è stato superato. Anche oggi – le parole del pontefice – ci sono tante catacombe in altri Paesi dove i cristiani devono fingere di fare una festa, un compleanno per celebrare l’Eucaristia, perché è vietato farlo. Anche oggi ci sono dei cristiani perseguitati, più che nei primi secoli».

A tenerli insieme, in una storia ininterrotta di fede e di testimonianza, è l’identità. «L’identità di questa gente che si radunava qui per la messa e per lodare il Signore è la stessa dei nostri fratelli in tanti Paesi dove oggi essere cristiani è un crimine», è il primo punto della riflessione proposta da Francesco. L’identità del cristiano, ha continuato, «sono le beatitudini, non ce n’è un’altra. Se tu vivi così sei cristiano», a prescindere da qualsiasi appartenenza ecclesiale: «Tutte cose belle – ha aggiunto – ma la tua carta di identità è questa e se non ce l’hai non serve a nulla stare nei movimenti o altre appartenenze». Al passo delle beatitudini, poi, il Papa ha accostato quello del giudizio finale raccontato da Matteo al capitolo 25, che delinea lo stile della comunità credente operosa e che vigila nell’attesa della venuta finale. «Con questi due passi – ha spiegato – noi faremo vedere la nostra identità dei cristiani. Senza questo non c’è identità, fingeremo solo di essere cristiani».

Il secondo punto della meditazione del pontefice: il «posto». Ricordando ancora una volta i cristiani perseguitati, Francesco ha citato l’esempio della suora albanese che, al tempo del comunismo, in un campo di rieducazione battezzava di nascosto i fedeli usando una scarpa con cui prendeva l’acqua dal fiume. Il posto del cristiano, ha commentato il Papa, «è un po’ dappertutto: non abbiamo un posto privilegiato nella vita», anche se «alcuni vogliono averlo». Il posto del cristiano, ha proseguito, «è nelle mani di Dio, che sono piagate come quelle del Figlio. Il posto del cristiano è nell’intercessione di Gesù verso il Padre. Se stiamo nelle mani di Dio siamo sicuri, succeda quello che succeda, anche nella Croce – le parole di Francesco -. La nostra identità ci dice che saremo beati se ci perseguitano, se diranno male di noi. Ma se siamo nelle mani di Dio siamo sicuri».

La riflessione del pontefice si è incentrata infine sul tema della «speranza», l’ultimo punto della sua meditazione. «È la visione finale dove tutto è ricreato, la patria dove tutti andremo. Per entravi non servono cose strane o atteggiamenti sofisticati ma solo mostrare la carta di identità», quella delle beatitudini, appunto. «La nostra speranza è in cielo, ancorata lì – ha assicurato Francesco -, e noi con la corda in mano ci sosteniamo. Importante stare ben aggrappati alla corda. Se resti aggrappato alla corda arriverai sicuro».

4 novembre 2019