Otto per mille, liberare il campo dai pregiudizi  

Presentato il libro di Mimmo Muolo su “I soldi della Chesa”. Il segretario generale Cei: i fondi dei contribuenti per promuovere la dignità delle famiglie

 

Un obiettivo dichiarato: smascherare le tante fake news, gli stereotipi che girano sulla Chiesa quando si parla di denaro. È quello che si propone il libro “I soldi della Chiesa – Ricchezze favolose e povertà evangelica” scritto dal vaticanista e vicecapo della redazione romana di Avvenire Mimmo Muolo. Il volume, edito dalle Paoline, è stato presentato venerdì 24 maggio all’Università Lumsa alla presenza del segretario generale della Cei, monsignor Stefano Russo, del capo della redazione romana di Avvenire, Danilo Paolini, e del giurista Carlo Cardia, ordinario di Diritto ecclesiastico all’Università Roma Tre, uno dei “padri” dell’8 per mille alla Cei e autore della postfazione del libro.

«Si può discutere su un Vaticano ricco o meno, su una Chiesa povera o meno ma occorre discutere su dati certi – ha rimarcato Muolo dopo i saluti del rettore della Lumsa Francesco Bonini -. Bisogna liberare il campo dai pregiudizi». Ma quali sono questi “dati certi”? Al di là dei numeri dell’8 per mille, resi noti alla fine dell’Assemblea generale della Cei nei giorni scorsi e che sono pubblici (https://sovvenire.chiesacattolica.it/ripartizione-dei-fondi-8xmille-2019/), bisogna tenere presenti altri aspetti, come ha sottolineato il vescovo Russo: «Spesso ci si chiede quanto “ritorna” dai fondi dell’8 per mille. Ebbene, 285 milioni sono destinati a carità di alto profilo ma poi ci sono molte altre cose. Ad esempio, con quei soldi sono aperti 700 cantieri per la manutenzione dei beni culturali che creano lavoro. Migliaia di famiglie trovano il loro sostentamento anche grazie all’uso di tali fondi. Non si tratta di elemosina: viene promossa la dignità delle famiglie».

Inoltre, viene «comunque salvaguardato un patrimonio di carattere sociale» fondamentale, come dimostrato dalle pressioni per la ricostruzione post-terremoto. Altro aspetto messo in evidenza è il progetto Policoro, che «libera risorse e crea occupazione» in particolare per i giovani. Come diceva Nicora, «anche i fondi che non vanno alla carità possono fare carità». Lo stesso vale per i soldi destinati al sostentamento del clero: «Sarebbe come dire – ha sottolineato Muolo – che i soldi dati a un docente non sono destinati all’istruzione».

«L’8 per mille – ha affermato Cardia – non introdusse una quota di denaro pubblico alle chiese: c’è sempre stata. Il supplemento di congrua l’hanno introdotto i liberali» nell’Ottocento. Con la riforma c’è stato un cambiamento qualitativo: Muolo ha ricordato la genesi della legge 222 del 1985 che introduceva l’8 per mille, frutto di «una grande stagione di dialogo tra forze politiche che non avevano proprio la stessa visione del mondo e dell’uomo».

Cardia, che ne fu protagonista, ha raccontato un aneddoto significativo. All’epoca era consigliere di Berlinguer: «Insieme a Bufalini gli dicemmo che se per lui andava bene, la legge sarebbe passata. Rispose “Mi dà fastidio dover dire sì a Craxi”. Cominciammo a cercare di recuperare e lui replicò: “Lo so che dirò sì ma mi dà fastidio”. Non si sopportavano, però non faticammo a far passare l’8 per mille perché il Pci vantava radici risorgimentali e ci si appellò al fatto che lo stipendio era stato introdotto a quell’epoca per giustificare la decisione». Altra accusa è quella che riguarda la presunta disparità nella ripartizione tra le varie Chiese. E anche qui Cardia ha smontato un pregiudizio, sottolineando che «una confessione che ha una comunità microscopica di 50.000 persone riceve 38 milioni, una cifra enorme».

Il libro di Muolo ripercorre dunque la storia di quegli accordi e contribuisce in maniera chiara a distinguere tra Santa Sede, Città del Vaticano e Chiesa italiana, spesso confusi anche tra gli “addetti ai lavori” (a volte in modo voluto). Ma il contributo alla chiarezza è fondamentale anche per altri argomenti, dalle tasse ai “famosi 35 euro” per i migranti. Un libro, come ha sottolineato Paolini, che «non nasconde niente e mette in fila fatti, numeri e bilanci». Che non è stato fatto prima «perché richiedeva pazienza e meticolosità e perché nessuno vuole rinunciare a un nemico facile, a un bersaglio comodo, al colpevole per antonomasia, la Chiesa ricca. La Chiesa è ricca in senso lato, di carità. Lo Stato non ci rimette, anzi ci guadagna in campi come l’istruzione, i beni culturali, la tutela della legalità». Dunque tutto bene? Senza dubbio, come ha ricordato Cardia, «si commettono errori. E chi non ne commette quando maneggia soldi?». Tuttavia, è importante ricordare il lungo percorso intrapreso dalla Santa Sede per migliorare la trasparenza. Un cammino, ineludibile, che riguarda tutta la Chiesa.

27 maggio 2019