Lojudice: «Il male, follia che non ha nulla a che fare con la religione»

Il vescovo intervenuto alla celebrazione per le vittime degli attentati terroristici in Sri Lanka nel giorno di Pasqua, con la comunità romana. Il coordinatore nazionale Perera: «Nessuno può toccare il Cristo Risorto»

«Le violenze si combattono solo e unicamente con il bene e con la forza dell’amore». Sono queste le parole del vescovo ausiliare Paolo Lojudice, segretario della Commissione episcopale per le migrazioni della Cei, al termine della Messa commemorativa dedicata alle vittime degli attacchi terroristici che hanno insanguinato la Pasqua in Sri Lanka, celebrata giovedì scorso, 25 aprile, nella Grotta della rivelazione, al santuario delle Tre fontane, abituale luogo di incontro e di preghiera per i cingalesi residenti a Roma. «Porto a nome della diocesi di Roma una voce di consolazione ma soprattutto di speranza. Ricordiamoci che il male non ha colori, è buio e solo noi possiamo, grazie alla forza che ci viene dall’alto, ricostruire una società migliore soprattutto per i più giovani», ha aggiunto il vescovo, sottolineando la «centralità dei valori del bene, della solidarietà e dell’amore». Ancora, il presule ha invitato a non farsi strumentalizzare «da chi vuole far passare questi gesti come degli scontri di religione. Questi attentati nascono dal male e il male è una follia che non ha nulla a che fare con la religione».

«Uniamoci e preghiamo per superare questo momento», l’esortazione di monsignor Neville Joe Perera, coordinatore nazionale per i cattolici dello Sri Lanka in Italia, che ha presieduto la celebrazione. «Conosciamo la situazione difficile dello Sri Lanka – ha detto il sacerdote nell’omelia -. C’è paura persino ad andare a Messa. Ma ricordatevi che nessuno può toccare il Cristo Risorto. Come hanno detto il Santo Padre e il nostro cardinale Malcolm Ranjith, questo è il momento della fede. Dobbiamo dare la testimonianza che solo con la croce si vince e non con la spada», ha concluso.

In quasi duemila si sono ritrovati in questa giornata di commozione e solidarietà per commemorare i cari lontani. Tante le famiglie, i giovani e gli italiani che hanno acceso una candela davanti ad un altarino con le foto della strage. Tra i presenti c’è Nandika Perera, presidente dell’associazione della comunità srilankese di Roma, il quale si sente «profondamente colpito dai tragici eventi. Ogni volta che sento le notizie mi emoziono e piango insieme alla mia famiglia – ha confidato -. Vorrei che questa fosse l’occasione per trasmettere un messaggio di pace e fraternità». A stringersi attorno ai cittadini originari dello Sri Lanka c’è anche la Comunità di Sant’Egidio. A parlare a nome dell’associazione è Alberto Quattrucci, segretario generale di Uomini e Religioni: «La violenza cieca non può mai costruire un mondo giusto, solo il dialogo può costruire la pace», ha detto Quattrucci durante la messa.

Al termine della celebrazione, tutta la comunità presente si è spostata fuori per il “dane”. «Quando muore qualcuno, nei nostri funerali viene allestito questo banchetto di cibo», spiega Sabrina, 21 anni, nata in Italia, che insieme a suo padre Preethi e ad altri connazionali ha preparato da mangiare. In questa atmosfera, si è vissuto anche uno spirito di “coabitazione religiosa”. «Questo è un appuntamento religioso che si celebra ogni anno, al quale collaboriamo anche noi – ha spiega Nishantha Karunarathna, rappresentante della comunità buddista theravada in Italia-. Ma dopo la strage si è preferito fare a meno della musica e degli eventi culturali per rispettare il dolore di chi ha perso i propri cari quel 21 aprile».

29 aprile 2019