“La storia”, di De Gregori e l’Italia nascosta e operosa

La canzone del Principe, omaggio alle vite spezzate dei cooperanti morti nello schianto del volo Ethiopian Airlines

Tutti con l’Africa nel cuore. Otto vite spese per gli altri, quelle degli italiani che hanno perso la vita pochi giorni fa vicino ad Addis Abeba nel volo dell’Ethiopian Airlines. Per i quattro cooperanti, per le tre funzionarie Onu e per l’archeologo morti nella sciagura aerea si è parlato di “Italia bellissima”, e di “internazionale del bene” per i passeggeri che quell’aereo aveva a bordo, da climatologi ad ambientalisti. È quell’Italia nascosta e operosa di cui poco si parla e che si rivela così vitale per il bene del Paese e di quei popoli per i quali è impegnata. Spesso senza assurgere agli onori della cronaca. È quell’Italia che si rimbocca le maniche, che crede in una solidarietà concreta e che lavora per un mondo migliore, più giusto e più umano, nonostante il diffuso clima di intolleranza e di indifferenza.

È quel «rumore che rompe il silenzio, quel silenzio così duro da masticare», perché «la storia non si ferma davvero davanti a un portone». Parole di una celebre canzone di Francesco De Gregori, “La storia” (già fatta incidere in precedenza a Gianni Morandi), che oggi mi torna alla mente nell’omaggio alla memoria di queste vite spezzate nell’esercizio del loro impegno solidale.

Quando il cantautore romano (che il 4 aprile compirà 68 anni) la scrisse, eravamo a metà degli anni ’80 del secolo scorso, in un’Italia certo profondamente diversa da quella di oggi, dove però quelle parole risuonano ugualmente con forza, di fronte a una politica spesso disattenta all’inclusione e ai diritti dei più deboli e alla necessità di una partecipazione alla vita civile competente e responsabile.

«La storia siamo noi, nessuno si senta offeso, siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo» e «attenzione, nessuno si senta escluso, siamo noi queste onde nel mare». Perché la storia non la fanno solo gli uomini di potere, anche se finiscono tutte le sere in televisione o momento per momento sotto la lente di ingrandimento dei social network. Ma c’è un valore aggiunto che ciascuno di noi può portare, non necessariamente con un impegno diretto nella vita politica bensì con un un’azione fattiva al servizio della comunità in cui vive e opera, piccola o grande che sia. Come quelle persone che lo schianto di un aereo ha brutalmente fermato. «Siamo noi che partiamo».

«E poi ti dicono “tutti sono uguali / tutti rubano alla stessa maniera” ma è solo un modo per convincerti / a restare chiuso dentro casa / quando viene la sera». Perché la storia è fatta da tutti coloro che hanno a cuore gli altri, l’ambiente e il territorio in cui vivono come i Paesi più lontani, consapevoli del legame che unisce tra loro tutti i popoli. Sulla scia di quel motto “I care” (“Mi interessa, mi sta a cuore”) tanto caro a don Milani.

«È la gente che fa la storia / quando si tratta di scegliere e di andare / te la ritrovi tutta con gli occhi aperti / che sanno benissimo cosa fare… / ed è per questo che la storia dà i brividi / perché nessuno la può fermare». Così canta De Gregori, che in questo periodo, in un piccolo teatro romano, sta proponendo serate originali che registrano il “tutto esaurito”. In attesa delle date estive (due a Roma, a Caracalla, in giugno) dedicate ai suoi “Greatest Hits”.

19 marzo 2019