Comunità di Sant’Egidio, la festa per il 47° anniversario

Presieduta dal cardinale Alamino, arcivescovo dell’Avana, la Messa nella basilica lateranense. «Oggi chi aiuta e chi è aiutato si confonde!»

Presieduta dal cardinale Alamino, arcivescovo dell’Avana e testimone del disgelo con gli Usa, la Messa nella basilica lateranense. «Oggi chi aiuta e chi è aiutato si confonde!»

«C’è un grande segnale di disgelo tra gli Stati Uniti e Cuba, un miracolo: si è abbattuto quel muro tra i due Stati che sembrava incrollabile. È un nuovo tempo di incontro e dialogo; tutto questo è stato possibile anche grazie alla Comunità di Sant’Egidio che da tanti anni porta avanti un prezioso lavoro di riconciliazione soprattutto attraverso la “preghiera interreligiosa”, poiché, come ripete spesso Papa Francesco, la preghiera è la radice per la pace». Per la Comunità di Sant’Egidio, in occasione del 47mo anniversario di fondazione, non poteva esserci “regalo” migliore delle parole dell’arcivescovo dell’Avana, il cardinale Jaime Lucas Ortega y Alamino, pronunciate nel corso dell’omelia a San Giovanni in Laterano, lunedì 9 febbraio. Qui la Comunità nata a Roma nel 1968 si è riunita per una Messa con gli amici e gli ospiti che negli anni hanno contribuito alla sua crescita.

Sono 60mila, a oggi, i membri volontari in oltre 73 Paesi del mondo. E alla celebrazione c’era davvero il “popolo di Sant’Egidio”: uomini e donne di ogni età e condizione sociale; una famiglia allargata che unisce chi abita nel centro della città a chi risiede nelle tante periferie, studenti e lavoratori accanto ad anziani e senza fissa dimora, italiani in difficoltà insieme agli immigrati “nuovi europei”. Presenti alla celebrazione liturgica anche gli ambasciatori degli Stati Uniti e di Cuba, il presidente del Senato Pietro Grasso, i ministri dell’Istruzione Stefania Giannini, della Difesa Roberta Pinotti e il sottosegretario di Stato Graziano Delrio. Con loro, tanti “amici” della Comunità, fin dalla sua nascita impegnata nel servizio ai poveri, che Papa Francesco nella sua visita alla Comunità nel giugno scorso ha inserito tra «le tre P di Sant’Egidio», insieme a «preghiera» e «pace».

Un servizio, quello ai poveri, che si è anche diversificato nel corso degli anni per rispondere alle nuove esigenze che via via si presentavano: scuole della pace, persone senza fissa dimora, stranieri immigrati, rifugiati, rom e sinti, persone con disabilità, anziani soli. Tra le iniziative più significative, il pranzo di Natale con i poveri, che coinvolge ogni anno numerosissime persone, tra operatori e ospiti. Un po’ come è avvenuto ieri sera nella chiesa cattedrale di Roma. «Oggi – ha detto il cardinale Alamino nella sua omelia – chi aiuta e chi è aiutato si confonde!». Quindi ha aggiunto: «Tutti voi fate memoria di una storia di fede, di servizio ai poveri, di impegno cristiano. In quasi mezzo secolo la Comunità di Sant’Egidio ha creato in un mondo difficile “cose nuove” e dopo 47 anni continua a spendersi con passione e entusiasmo nelle grandi periferie umane, per sanare ferite, abbattere muri; in un mondo complesso voi operate con semplicità evangelica».

Alla fine della celebrazione è intervenuto anche il presidente della Comunità, Marco Impagliazzo, che ha commentato: «Chi mantiene un legame con i poveri non perde la strada dell’umanità; sono loro che ci mostrano la vita nella sua verità. Dare voce a chi non ha voce ha in sé un senso di universalità». Quindi la conclusione: «Gli uomini e le donne della globalizzazione sono spesso bloccati da una vita vissuta per se stessi, per questo conoscono poco la felicità, ma la felicità non esiste senza generosità».

10 febbraio 2015