Al settimo Congresso mondiale contro la pena di morte, che si è aperto oggi, 27 febbraio, a Bruzelles, nella sede del Parlamento europeo, è arrivato anche il video messaggio inviato da Francesco, con l’invito a «compiere i passi necessari verso la totale abolizione della pena di morte». La dignità della persona non si perde mai, esordisce Francesco, anche quando si commette «il peggiore dei crimini»: la vita è un dono da proteggere ed è «fonte di tutti gli altri doni e di tutti gli altri diritti». Non solo: il Papa ribadisce che «non può mai essere abbandonata» la convinzione di «offrire anche al colpevole la possibilità di pentimento».

La pena capitale, ammonisce il pontefice, non è la soluzione «per proteggere la società dal male che alcuni individui possono causare», né può essere considerata, come è avvenuto «per molto tempo», la «risposta adeguata alla gravità di alcuni reati a tutela del bene comune». Per Francesco, «nessuno può essere ucciso e privato dell’opportunità di abbracciare nuovamente la comunità che ha ferito e fatto soffrire». La pena di morte, prosegue, è «una grave violazione del diritto alla vita di ogni persona».

Tra i fattori incoraggianti, per il Papa,  c’è «il fatto che sempre più Paesi scommettano sulla vita e non sulla pena di morte o addirittura l’abbiano completamente eliminata dalla loro legislazione penale». Di qui la necessità di «riconoscere la dignità di ogni persona» e «lavorare in modo che non vengano eliminate altre vite, ma guadagnate per il bene della società nel suo complesso». Ancora, evidenzia il pontefice, «la Chiesa insegna alla luce del Vangelo che la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo». Francesco cita anche, a questo proposito, la recente modifica da lui introdotta al testo del Catechismo della Chiesa cattolica relativo alla pena capitale.

«L’obiettivo dell’abolizione della pena di morte in tutto il mondo – è la conclusione del messaggio –  rappresenta una coraggiosa affermazione del principio della dignità della persona umana e della convinzione che l’umanità può affrontare il crimine, oltre che rifiutare il male, offrendo al condannato la possibilità e il tempo per riparare il danno commesso, pensare alla sua azione e quindi essere in grado di cambiare la sua vita, almeno internamente».

27 febbraio 2019