Bomba al ristorante in Siria. 16 morti, tra cui 4 soldati Usa

L’attentato suicida nella cittadina di Manbij, nella parte nord orientale del Paese. A dare la notizia è l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus). Nel mirino una pattuglia della coalizione internazionale

È di almeno 16 morti il bilancio complessivo dell’attentato suicida rivendicato dal sedicente Stato islamico nel centro della città di Manbji, nella Siria nord-orientale. La violenta esplosione ha colpito questa mattina, 16 gennaio, un ristorante nel cuore della cittadina, che è sotto il controllo delle forze curde-arabe con il supporto degli americani. «Un attacco suicida sferrato con una cintura esplosiva ha colpito una pattuglia della coalizione internazionale», si legge sull’organo di propaganda dell’Is “Amaq”. Secondo fonti locali, tra le vittime ci sarebbero almeno quattro soldati americani mentre altri tre sono rimasti feriti. Il portavoce della coalizione a guida Usa ha detto che i miliari stavano facendo un pattugliamento di «routine in Siria» ma non ha confermato la notizia dei decessi.

La corrispondente sul posto della tv panaraba al Mayadin – vicina all’Iran – parla di 10 miliziani curdo-siriani, appoggiati dagli Usa, tra le vittime. Il portavoce della coalizione a guida Usa ha confermato su Twitter che tra le vittime ci sono militari Usa ma non ha specificato quanti. Secondo quanto riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus), invece, due delle vittime sono militari della coalizione anti Isis a guida Usa e i restanti 14 uccisi sono cinque miliziani locali filo Usa e 9 civili. Intanto arriva anche il commento della Casa Bianca: «Il presidente è stato informato in modo completo e continuerà a monitorare l’attuale situazione in Siria», riferisce la portavoce Sarah Sanders.

Un mese fa il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva annunciato a sorpresa il ritiro imminente di tutte le 2mila truppe statunitensi dalla Siria, dopo che lo Stato islamico era stato sconfitto. Una decisione accolta con scetticismo dagli alleati nella regione e anche dagli alti funzionari americani. A cominciare dal segretario alla Difesa Jim Mattis, che in seguito ha rassegnato le sue dimissioni.

16 gennaio 2019