Decreto sicurezza, la Papa Giovanni XXIII chiede il ripristino del decreto flussi
Nel giorno in cui il presidente Mattarella ha promulgato il testo, dalla Comunità si esprime «forte preoccupazione» per il rischio dell’irregolarità. La Consulta nazionale antiusura: «Produce scarti umani e guerre tra poveri»
Alla fine la firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella è arrivata, nell’ultimo giorno utile: ieri, 3 dicembre, il Decreto sicurezza – convertito definitivamente dalle Camere il 28 novembre scorso – è diventato legge. Si attende solo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Intanto dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, da sempre in prima linea nell’accoglienza e nell’integrazione dei migranti, il presidente Giovanni Paolo Ramonda esprime «forte preoccupazione» per gli effetti «sulle vite dei nostri fratelli immigrati che vivono nelle nostre case famiglia e famiglie aperte».
Per Ramonda il rischio, «già tangibile in questi primi giorni dall’entrata in vigore, è far piombare i migranti nell’irregolarità, recidendo i tanti percorsi di integrazione e rinascita cui stiamo assistendo nelle nostre case. In particolare – prosegue – rischiano forme di esclusione sociale i migranti più vulnerabili». E definisce «fuorviante» la scelta di «associare il fenomeno migratorio esclusivamente a quello della sicurezza»; scelta che, osserva, «rischia di sdoganare sentimenti di rifiuto e odio verso gli stranieri». La proposta allora è che «sia ripristinato il decreto flussi, che rappresenta il canale di ingresso regolare per lavoro in Italia, previsto dall’articolo 22 D.lgs. 286/98, la cui applicazione è stata bloccata negli ultimi anni». Accanto a questo, «si dovrebbe reintrodurre il sistema dello sponsor, a chiamata diretta, anche da parte di privati, per l’inserimento nel mercato del lavoro del cittadino straniero».
Al centro, l’idea della migrazione come fenomeno da regolamentare, non da negare. «Occorre pertanto aumentare la quota percentuale del Pil destinato alla cooperazione allo sviluppo – è la conclusione di Ramonda – e favorire i canali di ingresso sicuri e legali, tra cui i corridoi umanitari, per promuovere una reale ed efficace integrazione». Dello stesso tenore il commento affidato dalla Consulta nazionale antiusura in una nota: «Il fenomeno delle migrazioni ci interpella su diversi livelli di responsabilità. Le istituzioni non possono legiferare solo in base a presunti vantaggi politici o economici – si legge nel testo -. Devono essere esemplari nelle scelte, perché i cittadini debbono potersi rispecchiare nelle loro giuste decisioni».
Condividendo la posizione già espressa anche da Caritas italiana, dalla Consulta ribadiscono che «il tema della mobilità umana va letto e affrontato in tutta la sua complessità, che riguarda anche l’eticizzazione delle scelte di investimento e risparmio e un’economia attenta agli impatti sulla vita delle persone». Il Decreto sicurezza invece «va nella direzione opposta. È rivolto alla produzione inevitabile di “scarti umani” e guerre tra poveri, piuttosto che alla costruzione di modelli di sviluppo equi, inclusivi e sostenibili».
A destare maggiore preoccupazione è l’abolizione della protezione umanitaria. Per il presidente monsignor Alberto D’Urso «il Paese corre due grandi rischi: da una parte di incrementare la mobilità clandestina delle persone, dall’altra di decostruire quella seppure fragile rete sociale che gli immigrati contribuiscono a costruire tramite le prestazioni di servizi alle persone e alle imprese». Rispetto alla presenza di migranti nel nostro Paese, «non è realistico pensare che questa gente torni davvero a casa- riflette ancora D’Urso -. Ce li troveremo più poveri, delusi e disperati nelle parrocchie, nei centri delle Caritas e nelle Fondazioni Antiusura nell’ipotesi migliore; in quella peggiore saranno reclutati dalla criminalità organizzata». Di qui l’auspicio che «a questo decreto si voglia reagire e fermare lo sfascio costituzionale a cui si sta andando incontro», prosegue il sacerdote, per il quale «in queste ore si sta continuando a revocare l’accoglienza ai richiedenti asilo beneficiari della protezione umanitaria».
4 dicembre 2018