Laurea honoris causa a don Roberto Sardelli, il “prete delle baracche”

Il riconoscimento conferito dall’Università Roma Tre. La sua “Scuola 725”, nella baraccopoli dell’Acquedotto Felice, «una delle più straordinarie iniziative di pedagogia popolare realizzatesi in Italia nel secondo dopoguerra»

Laurea ad honorem per il “prete delle baracche” don Roberto Sardelli e per la scrittrice e poetessa ungherese Edith Bruck. Le onorificenze sono state conferite oggi, mercoledì 21 novembre, nell’aula Magna della Scuola di lettere filosofia lingue dell’Università Roma Tre. Il sacerdote, 83 anni, insignito della laurea in Scienze pedagogiche, non ha potuto partecipare alla cerimonia, che ha seguito in diretta radiofonica. In sua vece sono intervenuti due ex allievi, Emilio Bianchi e Angelo Celidonio, che negli anni ’60 vivevano in agglomerati di lamiere nell’estrema periferia di Roma, senza luce, acqua e fogne.

Don Roberto, originario di Pontecorvo, ordinato sacerdote nel 1965, frequentò la scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani prima di recarsi in Francia per studiare l’esperienza dei “preti operai”. Nel 1968 fu inviato nella parrocchia di San Policarpo, a pochi passi dalla quale scoprì la baraccopoli sorta nei pressi dell’Acquedotto Felice, occupata da 650 famiglie italiane immigrate provenienti da Sicilia, Calabria, Abruzzo e Basilicata. Fu proprio qui che il sacerdote si trasferì, dopo aver acquistato una baracca da una prostituta. La trasformò nella “Scuola 725” – dal numero civico del casotto -, per bambini discriminati a scuola e ghettizzati nelle classi differenziali. Una baracca di nove metri quadrati aperta nell’ottobre 1968, che «rappresenta una delle più straordinarie iniziative di pedagogia popolare realizzatesi in Italia nel secondo dopoguerra» ha detto Massimiliano Fiorucci, direttore del dipartimento di Scienze della formazione. Il docente ha ribadito che “Scuola 725” è stato un esempio concreto di «lotta all’emarginazione» e si è posta in modo «critico rispetto alle attività della scuola pubblica».

Con i suoi alunni don Roberto scrisse la “Lettera al sindaco” indirizzata all’allora primo cittadino Rinaldo Santini per chiedere migliori condizioni di vita per i baraccati, ai quali le case popolari furono assegnate nel 1974. Nella sua lectio magistralis, letta dagli ex alunni, don Roberto spiega che la lettera provocò «un terremoto politico senza precedenti e il convegno sui mali di Roma aveva le sue radici nella missiva». Il sacerdote aiutava i ragazzi soprattutto a comprendere il mondo circostante attraverso la lettura del giornale. Scrisse il compendio di riflessioni “Non tacere”, titolo usato nel 2005 per il docufilm del regista Fabio Grimaldi sulla vicenda della Scuola 725.

A Edith Bruck è stata conferita invece la laurea in Informazione, editoria e giornalismo. Nata in una famiglia numerosa ebrea, viveva in un villaggio ungherese. Nel 1944 fu deportata ad Auschwitz con i genitori, due fratelli e una sorella. Con quest’ultima passò da Auschwitz a Dachau, Christianstadt e Bergen-Belsen, dove furono liberate nel 1945. Dal 1954 vive in Italia dove ha conosciuto tra gli altri Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti e Primo Levi, che la incitò a ricordare la Shoah. Nel 1959 con il romanzo autobiografico “Chi ti ama così” iniziò la sua carriera di testimone dell’Olocausto, adottando la lingua italiana che, come ha più volte spiegato, le offriva il giusto distacco emotivo per descrivere la personale esperienza nei campi di concentramento.

Durante la lectio magistralis la scrittrice ha affermato di essersi laureata nell’ateneo «del male, Auschwitz», e si è detta spaventata «dal terrorismo cieco e dal vento nero che soffia di nuovo sull’Europa e non solo». Si è chiesta come mai «l’uomo non ha imparato dagli errori del passato e continua a perpetrare crimini e a costruire muri. Finché avrò fiato farò testimonianza nelle scuole». Edith Bruck «non si è limitata a raccontare lo sterminio ma ha riflettuto sulle difficoltà che il testimone incontra nel farsi ascoltare», ha affermato Paolo d’Angelo, direttore del dipartimento di Filosofia, comunicazione e spettacolo. Le onorificenze conferite da Roma Tre, ha concluso il rettore Luca Pietromarchi, sono «la testimonianza dell’attenzione che l’ateneo ha nei confronti di tutto ciò che è memoria storica, impegno sociale e diffusione della cultura».

21 novembre 2018