Il ricordo di Nicora e quel «profumo di santità»

Nel convegno dedicato al cardinale scomparso lo scorso anno, il ricordo del professor Carlo Cardia: «La sua cultura e il suo stile hanno sempre colpito chi lo ha conosciuto»

Un convegno particolarmente affollato quello che è stato organizzato per ricordare la figura del cardinale Attilio Nicora, scomparso lo scorso anno a 80 anni, e con una rappresentanza ricca e qualificata, come ha ricordato il promotore professor Carlo Cardia. Diversi cardinali (tra i quali il vicario De Donatis, l’emerito Vallini, Mamberti e Bertone) e vescovi ma anche rappresentanti dello Stato perché «Nicora era di casa al Viminale a lavorare dalla mattina alla sera su tanti testi legislativi importanti», del mondo accademico e di varie confessioni religiose, a significare l’impegno per l’ecumenismo e l’integrazione del porporato.

Nel suo saluto il rettore della Lumsa Francesco Bonini ha annunciato l’imminente pubblicazione del volume “Stare con il Signore, andare verso i fratelli”, una serie di scritti del cardinale, ricordato con «immagine del sorriso». Bonini ha citato una frase contenuta nel libro che rappresenta il «congedo dalla diocesi di Verona: “È bene che io sorrida di me”» che riflette il carattere di un uomo di Chiesa che «si definiva laico, smagato e longobardo».

Introducendo l’incontro “Sana cooperatio tra Stato e Chiesa”, Cardia ha detto che Nicora è stato «protagonista dei rapporti tra Stato e Chiesa ma anche una persona speciale che ha lasciato profumo di santità. La sua cultura e il suo stile hanno sempre colpito chi lo ha conosciuto». Cardia ha ricordato un intervento appassionato del cardinale nella parrocchia romana di San Tommaso Moro davanti a parecchi ragazzi: «Vogliate bene a questo Stato che si fonda su principi costituzionali e di umanesimo cristiano e che vogliamo contribuire a migliorare». Il professore, che ha collaborato a lungo con Nicora nella revisione del Concordato del 1984 e nella sua attuazione successiva, ha sottolineato l’«intreccio tra dimensione di fede e altre qualità, diplomatiche e  culturali» del cardinale, come pure la sua «timidezza cordiale e brillante, intessuta di garbo e gentilezza che spingeva alla sostanza dei problemi senza mai prevalere, in un clima di rispetto e stima spiccava la sua capacità di lavorare insieme. Si sente la mancanza di persone come lui, gigante di saggezza e raffinatezza». «Non era uomo di sinistra – ha aggiunto Cardia – eminente figura di formazione montiniana, vero prete, esponente di un clero che ha costruito un rapporto unico tra Chiesa e popolazione».

Nicora sosteneva che l’«istituzione civile esiste per realizzare il bene comune, non per cristianizzare il mondo». La sua «laicità si nutriva della sua cultura classica» e fu determinante nel lavoro di revisione del Concordato in cui «vennero superati tabu di matrice ottocentesca». Malgrado non ci fossero «anticlericali» al tavolo di trattative, non mancarono momenti difficili, anche successivamente, come nel 1987 quando per l’attuazione dell’ora di religione si verificò «un duro conflitto, in particolare con la Cgil scuola».

L’arcivescovo di Firenze, cardinale Betori, nel suo intervento sull’impegno per la società e la Chiesa italiana di Nicora, si è soffermato sulle questioni rimaste aperte dopo la revisione del Concordato del 18 febbraio 1984, in particolare la regolamentazione giuridica di beni ed enti ecclesiastici e la modalità di remunerazione del clero.  Il vescovo «diede prova di competenza ed equilibrio» che portò, svolta epocale, al superamento del sistema beneficiale e del supplemento di congrua, abbandonato dopo secoli. Betori ha sottolineato la «visione ideale di Nicora». Non si trattava solo di un aggiornamento ma di individuare una modalità di retribuzione dei sacerdoti fedele allo spirito evangelico, secondo le indicazioni del Concilio Vaticano II: seppe «coniugare la fattualità del diritto con lo spirito del vangelo». Nicora fu «il principale attore ecclesiastico dei rapporti tra Stato e Cei, prima gettando le basi e poi verificando e affinando il sistema stabilito» dal nuovo Concordato.

Il rettore emerito della Lumsa, Giuseppe Dalla Torre, anch’egli tra i promotori del convegno, ha messo in risalto il grande amore di Nicora per la cultura e l’Università, con una grande capacità di ascolto e autentica passione educativa. L’arcivescovo di Milano monsignor Delpini ha ricordato le radici milanesi del cardinale Nicora, «della sua formazione nel cattolicesimo lombardo che ha tratti caratteristici, di operosità, di presenza presso la gente, di sobrietà, di diffidenza per la retorica» come pure la «sensibilità per il laicato e la laicità che ha caratterizzato la sua opera di giurista, di diplomatico e un certo modo di essere presente nella società della Chiesa». Delpini ha ricordato che per Nicora «il vescovo ha la responsabilità del governo», assumendo le decisioni necessarie «e ci mette la faccia».

Il segretario di Stato cardinale Parolin ha voluto rendere omaggio ed esprimere gratitudine al cardinale Nicora, con cui ha collaborato. Traendo le conclusioni ha sottolineato «l’eredità che ci ha lasciato» che va «valorizzata e fatta fruttificare. Abbiamo bisogno della sua fede, del suo profondo “sensus Ecclesiae”, della sua capacità di mettersi da parte, della sua capacità di coniugare conoscenze delle discipline ecclesiastiche con sensibilità pastorale, della sua rettitudine, del suo esempio di rigorosità, del suo stile». Parolin ha sottolineato il ruolo di Nicora nel costruire «rapporti tra Stato e Chiesa, nel rinnovato legame scuola-religione, nella sussidiarietà posta al centro di uno stato sociale che si era andato costruendo sugli ideali di De Gasperi, Schumann e Adenauer» ma anche la «sollecitudine per i bisogni spirituali delle persone e la sapienza nei rapporti umani».

 

 

25 ottobre 2018