Interviene a caldo don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane. Il sacerdote parla poche ora dopo l’ammissione del pestaggio di Stefano Cucchi da parte di uno degli imputati, il carabiniere Francesco Tedesco, che ha chiamato in causa i suoi colleghi dell’Arma, coimputati per l’omicidio preterintenzionale del geometra arrestato per spaccio di droga il 15 ottobre 2009 e morto in ospedale una settimana dopo. «Verso tutti coloro che sono fermati dalle forze dell’ordine, poveri, immigrati, tossicodipendenti, il primo atteggiamento da assumere è il rispetto, a prescindere da quello che hanno commesso – dichiara don Grimaldi -. Sarà, infatti, la giustizia, poi, a dare le sue risposte. Anche quando una persona viene colta in flagrante, non si deve usare la violenza né abusare del proprio potere».

L’auspicio del sacerdote è che «quanto avvenuto segni una svolta». Non sempre infatti, dichiara, «i pestaggi vengono alla ribalta: non tutti hanno il coraggio di denunciare». Anche perché «di solito vittime di questi pestaggi sono i poveri, quelli che non hanno voce, che non sanno difendersi, che non hanno famiglie alle spalle». Non solo: «Spero che il caso Cucchi accresca la responsabilità di chi ha in mano un potere, come quello di arrestare e portare in carcere le persone. È un’occasione, per chi svolge il proprio lavoro con rigore e impegno, di aver maggiore consapevolezza dell’importanza del rispetto della dignità altrui».

Nelle parole di don Grimaldi non mancano comunque la gratitudine e il riconoscimento per l’impegno delle forze dell’ordine, «tante volte aggredite nello svolgimento del loro lavoro a difesa della legalità, anche a rischio della vita».

12 ottobre 2018