Paolo VI santo: pastore, uomo del dialogo

Domenica 14 ottobre la canonizzazione di Papa Montini. Insieme a lui Francesco proclamerà santo anche l'arcivescovo di El Salvador Oscar Arnulfo Romero e il giovane Nunzio Sulprizio

Domenica 14 ottobre alle 10.15 Papa Francesco presiederà sul sagrato della basilica vaticana la solenne concelebrazione eucaristica durante la quale proclamerà sette nuovi santi. Si tratta di Paolo VI, di monsignor Oscar Arnulfo Romero, dei sacerdoti Francesco Spinelli e Vincenzo Romano, delle religiose Maria Caterina Kasper e Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù e del giovane Nunzio Sulprizio. Una cerimonia che si inserisce nel contesto del Sinodo dedicato ai giovani e non è un caso che tra i nuovi santi ci sia anche Sulprizio, morto poco dopo aver compiuto 19 anni. Ma senza dubbio le due figure più importanti sono quelle di Paolo VI e monsignor Romero. Per certi versi anche controverse: è noto come intorno al martire salvadoregno, suo malgrado, si sia innestata una battaglia politica, come ha ricordato lo storico Roberto Morozzo della Rocca incontrando alcuni giornalisti. Allo stesso incontro ha partecipato monsignor Guido Mazzotta, relatore “ad casum” della causa di Giovan Battista Montini, che ha messo in evidenza un aspetto che lo lega al Sinodo: «Paolo VI – ha affermato – fu prima di tutto un pastore, un direttore spirituale, a cui stava a cuore l’educazione dei giovani. Ad esempio quando ero assistente della Fuci (incarico ricoperto in precedenza da Montini, ndr) mi chiamava per chiedere che tipo di lavoro si stava facendo con gli universitari. Non era uomo delle folle ma del colloquio personale. Non a caso le testimonianze più belle al processo furono quelle delle persone da lui dirette spiritualmente».

Ogni volta che si canonizza un Pontefice si riaccende il dibattito sull’opportunità di questa decisione. «Non è narcisismo ecclesiale – sostiene Mazzotta -. Diversi Papi del Novecento non sono stati beatificati. Ma Paolo VI si è immedesimato con l’istituzione ecclesiale nel suo aspetto mistico di Chiesa. Ha donato la vita per la Chiesa». Un altro aspetto peculiare della santità di Paolo VI è quella che potremmo definire l’opzione per i poveri. «Da diacono – racconta Mazzotta – scrisse una lettera in cui affermava di appartenere all’ordine di Stefano e Lorenzo, con il compito di portare il pane agli affamati. E lo faceva letteralmente. Quando, in occasione dei Patti Lateranensi, il regime fascista, in via riservata, chiese l’esilio di don Sturzo, la Santa Sede volle come contropartita l’espulsione dall’università di uno studioso della cerchia di Ernesto Buonaiuti. Ebbene, Montini lo andava a trovare ogni mese e sapendo le difficoltà in cui si dibatteva la famiglia gli lasciava una busta con l’equivalente dello stipendio».

Papa Montini Paolo VI santoPaolo VI è stato il Pontefice della Humanae vitae. Cosa ha da dire ai giovani di oggi? «È stato l’unico, in quell’epoca, a cercare di riagganciare il rapporto sessuale all’amore e a non farlo scadere a mera modalità tecnica. In una cultura, come quella moderna, che porta alla frammentazione della realtà umana quell’enciclica – sottolinea Mazzotta – mantiene intatta una straordinaria bellezza e l’amore per la vita, non per ogni suo istinto. Come ho accennato, un altro aspetto fondamentale nel rapporto tra Montini e i giovani riguarda la formazione. Citando sant’Agostino, ricordava spesso che la fede non pensata non è fede. Obbedire solo agli stimoli del momento non è fede. Quello della formazione è un problema drammatico della Chiesa italiana e non solo. Gli oratori sono vuoti, le associazioni vanno deperendo, sono invecchiate. E questo non si risolve con indagini sociologiche: serve una proposta di senso per una vita nuova. In questo lavoro formativo Paolo VI era maestro».

Montini è stato anche il Papa del Concilio. «Senza di lui – afferma Mazzotta – probabilmente non si sarebbe fatto. Il suo primo intervento ha dato l’architettura dei lavori. Aveva piena consapevolezza di mezzi e fini. Per esempio, quando all’indomani dell’indizione del Concilio lo andarono a visitare alcuni preti, tra cui il futuro cardinale Poma, convinti che fosse entusiasta, lo trovarono invece preoccupato: “Non avete idea di cosa significhi aprire un Concilio”, gli disse. Fece di tutto per mantenere l’unità della Chiesa». Tra le caratteristiche principali della santità di Paolo VI, Mazzotta cita innanzitutto «l’esperienza di fede, un cristocentrismo assoluto che si può riassumere nella lettera pastorale alla diocesi di Milano in cui Montini affermava: “Cristo ci è necessario”. Poi il dialogo basato sulla verità, non salottiero. È il filo conduttore della prima enciclica, Ecclesiam suam. Infine, l’amore per i poveri e i malati. A chi li assisteva diceva che dovevano curarli non solo con le mani ma con il cuore, che bisognava chiedere la grazia di amarli. Centralità dell’annuncio della fede e promozione umana sono aspetti – conclude il consultore della Congregazione per le cause dei santi – che lo legano molto a Papa Francesco».

10 ottobre 2018