Il Novecento trionfa nei premi ma è lontano dai nostri ragazzi

Scollamento silenzioso ma ingente tra due immaginari: quello degli adulti e della società letteraria e quello del presente dei giovani, che è già futuro

Margot WölkDa poco è stato assegnato il Premio Campiello, l’ha vinto il romanzo di Rosella Postorino Le assaggiatrici, che racconta una storia ispirata alla vicenda di Margot Wölk, una donna che per due anni e mezzo fu usata dalle SS per controllare che il cibo di Hitler non fosse avvelenato. A luglio un’altra scrittrice importante, Helena Janeczek, ha trionfato nell’altro grande premio italiano, lo Strega, con il romanzo La ragazza con la Leica, racconto della vicenda straordinaria di Gerda Taro, attraverso il quale traluce la storia drammatica dell’Europa degli anni Trenta. Due storie importanti, che affondano le radici nel ventre buio del Novecento, così come per altro accade anche in altri libri importanti entrati nelle due cinquine (cito giusto lo splendido Mio padre la rivoluzione di Davide Orecchio e Resto qui di Marco Balzano).

Si tratta di libri estremamente validi, di riconosciuta qualità, che ho letto con piacere e interesse. Quando ho saputo della vittoria del libro della Postorino al Campiello mi sono trovato però a dare forma a un pensiero che in modo confuso avevo già percepito durante la lettura di La ragazza con la Leica e che ha a che fare proprio con i nostri adolescenti. Giusto quindici giorni fa accennavo al dato simbolico che quest’anno a scuola, dalle superiori all’asilo, ci saranno soltanto nati negli anni Zero: gli ultimi figli del Novecento, i novantanove, sono usciti da scuola con l’ultimo esame di Stato. Che c’entra questo con quelle che, a giudizio dei due più prestigiosi premi letterari, dovrebbero essere le migliori opere di quest’anno della letteratura italiana? A mio parere c’entra molto.

adolescente annoiatoLeggendo questi libri, confrontando le recensioni, spulciando i dibattiti delle varie comunità social di lettori, ho sempre più nitidamente avvertito uno scollamento silenzioso ma ai miei occhi sempre più ingente tra due immaginari: quello di noi adulti e della nostra società letteraria e quello del presente dei nostri ragazzi che è già futuro. Mi sono trovato a riflettere su come temi che, se è vero, erano stati fortemente evocativi per la mia generazione soprattutto da adolescenti (in un modo o nell’altro tutti negli anni Novanta eravamo attirati naturalmente ad esempio dalla narrazione dei grandi totalitarismi), oggi siano assolutamente impotenti nel penetrare nell’immaginario collettivo adolescenziale. Insomma mi è parso evidente come quel patrimonio simbolico novecentesco, tutt’ora legittimato dalla società letteraria, sia nei fatti svanito nel sentire che respiro tra i ragazzi a scuola ogni giorno. E questo pone questioni di non poco conto su cui davvero occorre riflettere.

Agli scettici in tal senso proporrei un esperimento. Si provi a sottoporre a un sedicenne di oggi a scelta uno di questi termini: fascismo, comunismo, partito, ideologia, valore, resistenza, lotta politica, contestazione, barricata, fronte, patria e via dicendo. Con tutta probabilità si potrebbe toccare con mano la discontinuità radicale di cui è portatrice questa generazione di adolescenti, a mio giudizio assolutamente maggiore delle precedenti, anche e soprattutto negli immaginari che le sono propri. Nei prossimi appuntamenti proveremo a rifletterci. A tra quindici giorni.

26 settembre 2018