Il cappellano di Rebibbia: «Misericordia per la madre assassina»

All’indomani della tragedia che ha coinvolto due bambini nel la sezione femminile del carcere, parla don Pier Sandro Spiano: «Le altre detenute sono sconvolte». Oggi la preghiera

Un messaggio di misericordia rivolto a chi vive tra le mura della casa circondariale di Rebibbia e a chi è all’esterno. A lanciarlo è don Pier Sandro Spriano, cappellano del carcere romano, all’indomani della tragedia che vede protagonista una detenuta tedesca che ha scaraventato i due figli giù dalle scale del nido. La bambina di sei mesi è morta sul colpo mentre restano gravissime le condizioni del fratellino di due anni. L’ultimo bollettino medico diramato dall’ospedale pediatrico Bambino Gesù, dove è ricoverato, parla di «coma areflessico con elettroencefalogramma isoelettrico». Al momento prosegue il supporto rianimatorio avanzato ma è in programma l’avvio della procedura di accertamento di morte cerebrale.

La donna è attualmente ricoverata nell’infermeria del carcere. Oggi pomeriggio alle 17, le 400 detenute e i quindici bambini del nido parteciperanno ad un momento di preghiera organizzato da don Pier Sandro. Verranno deposti dei fiori sul luogo della tragedia e lanciati in aria dei palloncini. «Le detenute sono tutte sconvolte – racconta il cappellano –. In carcere quando si verificano avvenimenti simili nasce in molti l’idea che bisogna colpire i responsabili. Bisogna invece usare molta misericordia per queste persone». Il sacerdote non riesce a spiegarsi il gesto della donna detenuta a Rebibbia da poco tempo. Non aveva dato nessun segnale di disagio e dai colloqui con il personale medico e gli psicologi del carcere non era emerso nulla di allarmante. «Si è trattato di un puro raptus di follia – prosegue don Spriano –. Ora il nostro compito è restare accanto alle altre detenute, riportare la serenità ed invitare ad avere misericordia per questa donna e i suoi due figli».

Intanto il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha deciso di procedere con la sospensione del direttore della casa circondariale femminile, Ida Del Grosso, della sua vice, Gabriella Pedote, e del vicecomandante del reparto di Polizia penitenziaria, Antonella Proietti. I provvedimenti sono stati adottati dal capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), Francesco Basentini. Dalle ore immediatamente successive alla tragedia è in corso un accertamento ispettivo da parte del Dap. Per Alessandro Pinna, presidente dell’Isola Solidale la vicenda di Rebibbia «coinvolge tutti. Due piccoli innocenti ai quali è stata offerta solo una vita in carcere. Sabato celebreremo la santa messa in loro memoria. I nostri stessi ospiti ci hanno chiesto di fermarci a pregare per questi due piccoli angeli».

Isola Solidale è una struttura nata oltre 50 anni fa a Roma che accoglie i detenuti agli arresti domiciliari, in permesso premio o che, giunte a fine pena, si ritrovano privi di riferimenti familiari e in stato di difficoltà economica. Pinna rimarca che è necessario «puntare di più sulle pene alternative soprattutto in presenza di minori innocenti. Il carcere ha valore solo in un’ottica di riabilitazione e di formazione senza le quali non si può pensare a un riscatto umano e sociale per i detenuti». Ai microfoni del telegiornale di Tv2000 il Garante nazionale dei diritti dei detenuti, Mauro Palma, ha parlato di «dramma imprevedibile.

Non c’erano elementi relativi a questa persona che lasciassero supporre un comportamento del genere. Non è un caso in cui si possono individuare responsabilità se non il fatto che rimane sempre il problema dei bambini dietro le sbarre. La legge ci dice che il carcere dovrebbe essere veramente la soluzione estrema. Ci si chiede se sia realmente necessario, soprattutto quando parliamo di custodia cautelare, se non si possano trovare altre soluzioni che impegnino anche le comunità locali». Per il garante i bisogni e i diritti dei minori devono prevalere «sulle nostre esigenze di punizione rispetto al genitore. A partire da questo le amministrazioni locali devono predisporre le strutture che garantendo la sicurezza all’esterno offrano case famiglia protette e la possibilità di vivere in un ambiente non detentivo».

 

19 settembre 2018