“Crocifiggilo”, il grido di chi «manipola la realtà»

In piazza San Pietro la celebrazione della domenica delle Palme, XXXIII Giornata mondiale della gioventù. Con Francesco, i giovani della riunione presinodale. «Non restate zitti»

Non una semplice esortazione ma una “supplica” più volte ripetuta a gran voce: «Non restate zitti». Papa Francesco nella solenne celebrazione della domenica delle Palme, ieri, 25 marzo, ha indirizzato la sua omelia in particolare ai tantissimi giovani che, giunti da ogni parte del mondo, hanno affollato piazza San Pietro, in occasione della ricorrenza diocesana della XXXIII Giornata mondiale della gioventù, sul tema “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio”, tratto dal primo capitolo del vangelo di Luca. Far tacere i giovani, ha detto, è una tentazione che è sempre esistita, specie se si tratta di giovani contagiati dalla gioia di Gesù, motivo di fastidio per molti perché «un giovane gioioso è difficile da manipolare. Sta a voi decidervi per l’Osanna della domenica così da non cadere nel “crocifiggilo” del venerdì».

Secondo la gendarmeria vaticana, erano presenti alla celebrazione cinquantamila fedeli. Tra loro anche i ragazzi che hanno partecipato alla riunione presinodale in preparazione alla XV assemblea generale ordinaria del sinodo dei vescovi in programma per ottobre, sul tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Accompagnato da altri ragazzi, è stato un giovane di Panama, dove a gennaio si terrà il prossimo appuntamento mondiale della Gmg, a consegnare nelle mani del Santo Padre il documento redatto al termine della settimana di lavori e riflessioni. Francesco non si è sottratto ai loro abbracci e fotografie. «Oggi non si può concepire un giovane senza fare un selfie» ha scherzato tra gli applausi.

La celebrazione, che ricorda l’ingresso di Cristo nella Città Santa e fa memoria della Passione del Signore, si è aperta davanti all’obelisco di piazza San Pietro dove il Papa ha benedetto le palme e gli ulivi prima di raggiungere il sagrato in processione. I rami di palme portate dai giovani sono stati donati dal Cammino Neocatecumenale, i palmurelli dalla diocesi di Ventimiglia (Liguria) e i rami di ulivo dalla diocesi di Rossano Calabro (Calabria). Hanno concelebrato dodici sacerdoti, quaranta cardinali tra i quali Kevin Farrell, prefetto del dicastero per Laici, famiglia e vita, e il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei vescovi, e quaranta vescovi tra i quali monsignor Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, e monsignor Fabio Fabene, sottosegretario del sinodo dei vescovi.

«Ci sono molti modi per rendere i giovani silenziosi e invisibili – ha proseguito Bergoglio -. Per anestetizzarli e addormentarli perché non facciano “rumore”, perché non si facciano domande e non si mettano in discussione. Ci sono molti modi di farli stare tranquilli perché non si coinvolgano e i loro sogni perdano quota e diventino fantasticherie rasoterra, meschine, tristi». Ricordando che anche i farisei chiedevano a Gesù di tranquillizzare i suoi giovani discepoli, Francesco chiede loro ancora una volta di non rimanere in silenzio. «Se gli altri tacciono, se noi anziani e responsabili, tante volte corrotti, stiamo zitti, se il mondo tace e perde la gioia, vi domando: voi griderete? Per favore, decidetevi prima che gridino le pietre». Quella della domenica delle Palme è una celebrazione nella quale si intrecciano gioie e dolori, successi e fallimenti del quotidiano: «Mette a nudo sentimenti e contraddizioni che spesso appartengono anche a noi». L’uomo, ha proseguito il Papa, è capace di amare ma al contempo di odiare molto, di compiere sacrifici valorosi e di “lavarsene le mani”, di slanci di fedeltà ma anche di grandi abbandoni e tradimenti.

Il tutto è racchiuso nei racconti evangelici dove la gioia suscitata da Gesù è per alcuni motivo di scandalo. Chi era stato da Lui guarito, chi aveva sperimentato la misericordia del Padre, esulta in un canto di gioia accogliendo Colui che aveva restituito dignità e speranza. Una felicità non condivisa da «quanti hanno bloccato la sensibilità davanti al dolore, alla sofferenza e alla miseria, hanno perso la memoria e si sono dimenticati di tante opportunità ricevute. Com’è difficile comprendere la gioia e la festa della misericordia di Dio per chi cerca di giustificare sé stesso e sistemarsi – ha affermato Bergoglio -. Com’è difficile poter condividere questa gioia per coloro che confidano solo nelle proprie forze e si sentono superiori agli altri». Sono questi ad urlare: “Crocifiggilo”, fomentati da chi «manipola la realtà e crea una versione a proprio vantaggio e non ha problemi a “incastrare” altri per cavarsela».

Un grido, ha proseguito il Papa, urlato da chi «non ha scrupoli a cercare i mezzi per rafforzare sé stesso e mettere a tacere le voci dissonanti; grido di chi vuole difendere la propria posizione screditando specialmente chi non può difendersi, fabbricato dagli “intrighi” dell’autosufficienza, dell’orgoglio e della superbia». Grida capaci di demolire le speranze e raffreddare la carità. «È il grido del “salva te stesso” – ha detto il santo Padre -, che vuole addormentare la solidarietà, spegnere gli ideali, rendere insensibile lo sguardo, cancellare la compassione». Per zittire le urla «il miglior antidoto» è volgere lo sguardo verso il crocifisso. «Cristo è morto gridando il suo amore per ognuno di noi – ricorda Francesco -. Per giovani e anziani, santi e peccatori, per quelli del suo tempo e per quelli del nostro tempo. Sulla sua croce siamo stati salvati affinché nessuno spenga la gioia del Vangelo; perché nessuno, nella situazione in cui si trova, resti lontano dallo sguardo misericordioso del Padre. Guardare la croce significa lasciarsi interpellare nelle nostre priorità, scelte e azioni. Significa lasciar porre in discussione la nostra sensibilità verso chi sta passando o vivendo un momento di difficoltà».

26 marzo 2017