De Donatis celebra all’hospice: «Su questo altare le domande dei malati terminali»

Il vicario ha visitato i degenti di Villa Speranza: «Ciascuno di noi sappia acquisire la consapevolezza, allo scattare delle nostra ora, che si tratta di un dono per abbandonarsi all’Amore e al Bene»

Ai pazienti dell’hospice Villa Speranza monsignor Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, ha portato la Parola e stretto con calore le mani questa mattina, 16 marzo, nel corso della sua visita pastorale. I degenti della struttura di via della Pineta Sacchetti, tutti malati terminali, non hanno potuto infatti partecipare alla Messa che l’arcivescovo ha celebrato nella cappella della struttura di cura ma sono stati visitati uno ad uno.

«Su questo altare – ha detto il presule nella sua omelia – portiamo i dolori e le domande dei degenti di Villa Speranza perché, come Gesù, scoprano la grazia di donarsi liberamente all’incontro con il Padre, sperimentando quell’Amore che vince il buio delle tenebre e del dolore». Commentando il Vangelo del giorno, De Donatis ha evidenziato come «spesso abbiamo la pretesa di mettere alla prova Dio chiedendo dei segni della sua potenza, specie quando siamo incapaci di comprendere i suoi piani»; guardando a Gesù che, nei giorni della Pasqua, «scelse di non sottrarsi alla morte, offrendosi spontaneamente nel Getsemani», il presule ha auspicato che «ciascuno di noi sappia acquisire la consapevolezza, allo scattare delle nostra ora, che si tratta di un dono da compiere nella libertà interiore per abbandonarsi all’Amore e al Bene».

La malattia terminale è il «tempo in cui si affrontano le domande di senso – aveva detto don Carlo Abbate, assistente spirituale dell’hospice che ha accolto il vicario -; nel mio accompagnamento con i pazienti non c’è alcuna pretesa di trovare risposte, si tratta, invece, di condividere una verità che la persona ha già in sé. Di sicuro la risorsa della fede è un grande sostegno». Il sacerdote ha anche evidenziato come l’approssimarsi della morte «possa far crollare tutto il patrimonio valoriale della persona» per questo deve essere valorizzata «la dimensione della speranza che appartiene all’essere umano, a prescindere dal proprio Credo».

Quello che, infatti, si propone di offrire ai malati terminali l’hospice Villa Speranza di via della Pineta Sacchetti è la cura palliativa ma nella sua valenza etimologica: far sentire i pazienti avvolti come i pellegrini antichi che si cingevano del pallium, trovando appunto nel proprio mantello calore e rifugio.

«Più che la malattia – ha spiegato il direttore sanitario Francesco La Commare –, mettiamo al centro la persona cui vogliamo restituire e garantire dignità nell’affrontare l’ultima fase della propria vita»: si tratta di prendersi cura, più che di curare, «significa farsi carico in maniera globale del paziente e della sua famiglia» offrendo un adeguato supporto sul piano clinico e psicologico ma anche spirituale e sociale.

Ai malati si dedicano oltre 100 dipendenti di Villa Speranza tra medici, infermieri, operatori e volontari: «La gestione del processo assistenziale è multidisciplinare – ha chiosato ancora La Commare -, si opera molto in equipe, soprattutto nell’assistenza ai pazienti domiciliari per i quali lavoriamo in sinergia con gli assistenti sociali». La struttura dispone infatti di 30 posti di residenza mentre 120 sono quelli di assistenza a domicilio; a Villa Speranza si rivolgono oltre 700 pazienti l’anno, il 40% dei quali proviene dal Policlinico Agostino Gemelli: sono malati oncologici e non solo, tutti allo stato finale.

I percorsi assistenziali sono personalizzati e individuali, «nulla è standardizzato nell’affrontare questa fase così delicata della vita cui tutti gli uomini sono attaccati» – ha sottolineato La Commare -: «chiede di morire solo chi si sente abbandonato o chi ha dei sintomi che non vengono eliminati, non ultimo il dolore che non è solo fisico. Se hai un peso nell’anima nessuna morfina può togliertelo».

 

16 marzo 2018