Consentire le  consegne di cibo e medicinali da parte di un convoglio umanitario a Douma, alla periferia orientale della Ghouta. È l’esortazione rinnovata ieri, 7 marzo, alle parti in conflitto dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, durante l’incontro del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla Siria. La Ghouta orientale infatti, situata nei pressi di Damasco, è stata sottoposta a pesanti bombardamenti e conta oltre 400mila civili che soffrono per carenza di cibo, carburante, medicinali e acqua potabile. Nella zona, solo lunedì sono state uccise oltre 100 persone mentre sono oltre 27mila quelle in attesa di assistenza umanitaria.

«Quasi metà delle derrate alimentari trasportate sul convoglio non saranno consegnate, così come buona parte delle forniture mediche e sanitarie, perché bloccate dalle autorità siriane», ha spiegato il portavoce delle Nazioni Unite Stéphane Dujarric, sottolineando che l’ultimo convoglio umanitario ha raggiunto la Ghouta solo il 14 febbraio scorso. L’8 marzo era previsto che 46 camion autorizzati facessoero giungere a destinazioni gli aiuti per la popolazione e invece appena 14 sono riusciti a scaricare le merci. Tarik Jašareviæ, portavoce dell’Organizzazione mondiale della sanità (Who) delle Nazioni Unite, ha precisato che durante l’ispezione obbligatoria condotta dalle autorità nazionali siriane, precedentemente informate del contenuto del convoglio, sono stati respinti farmaci necessari alla dialisi e per le sedute di insulina, oltre che trattamenti salvavita per traumi e ferite. Proprio per la criticità delle condizioni dell’enclave della Duma, «ciascuno di questi farmaci e delle attrezzature verrà riproposto nel prossimo convoglio umanitario» ha precisato Jašareviæ.

Il segretario generale ha elogiato il coraggio di tutti gli operatori umanitari che lavorano instancabilmente per garantire aiuto a tutti i bisognosi siriani ma ha chiesto con determinazione a tutte le parti in conflitto un accesso sicuro e senza impedimenti ai convogli umanitari, ricordando anche gli obblighi del diritto internazionale e le leggi sui diritti umani che impongono di proteggere i civili e le infrastrutture civili. Ancora, Guterres ha esortato tutte le parti in causa a dare piena attuazione alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, varata lo scorso 24 febbraio, che imponeva una tregua di almeno 30 giorni. Proprio il fallimento della tregua aveva spinto Francia e Gran Bretagna a chiedere un nuovo incontro dei 15 per martedì.

Di Siria si parlerà ancora all’Onu il 13 marzo, alla 37ª sessione del Consiglio dei diritti umani. Nell’occasione sarà presentato anche il rapporto della Commissione internazionale d’inchiesta sulla Siria – istituita proprio dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite -, stilato sulla base di oltre 500 interviste realizzate tra luglio 2017 e gennaio 2018. Ad anticiparne alcuni temi è stato il presidente della Commissione Paulo Pinheiro, mettendo in luce l’ampio panorama di violazioni del diritto internazionale registrate. Attacchi deliberati e indiscriminati su civili e strutture protette, fame, carcerazione illegale e uso di armi chimiche, per dirne solo alcune. Il rapporto evidenzia dunque il costo «estremamente alto» delle vittime civili, soprattutto durante le campagne militari contro lo Stato combattute a Raqqa e a Deir ez-Zor.

«È oltre la comprensione umana – le parole di Pinheiro – che, nonostante questa vasta gamma di violazioni dei diritti, alle vittime e ai sopravvissuti siriani continui a essere negata una qualsiasi forma di giustizia. Ad essi si aggiungono poi i casi di scomparsa o rapimento di decine di detenuti e le condizioni disumane delle migliaia di loro che vivono nelle carceri». I dati esplicitati nella ricerca hanno evidenziato, soprattutto durante l’assedio quinquennale di Goutha, mezzi e metodi di guerra sempre più cinici, con casi documentati di malnutrizione acuta, uso indiscriminato di armi chimiche e bombe a grappolo, a cui vanno aggiunti l’allentamento forzato dei presidi medici e le incursioni nella città di Damasco con feriti gravi e morti. «L’uso di bombe in un’area densamente popolata da civili – si denuncia nel rapporto –  potrebbe considerarsi un crimine di guerra perché si tratta di attacchi indiscriminati con morti e feriti soprattutto tra la popolazione civile». E luoghi di culto, centri di protezione civile, case, strutture mediche, mercati, panetterie e scuole continuano ad essere attaccati impunemente dalle parti in guerra.

La Commissione di inchiesta ha scoperto che lo scorso 13 novembre l’aviazione russa ha effettuato attacchi aerei su un’area civile densamente popolata ad Atareb (Aleppo), uccidendo almeno 84 persone e ferendone altre 150. Nel rapporto si chiedono misure pratiche e urgenti per rispondere ai bisogni delle vittime e si raccomanda il rilascio immediato di bambini, donne, anziani e disabili oltre che l’accesso da parte di osservatori indipendenti a tutti i luoghi di detenzione. «L’intero conflitto è stato caratterizzato da un totale disprezzo delle regole d’ingaggio», ha dichiarato uno dei commissari, Hanny, e ha invitato le parti in causa a cessare gli assedi e a consentire gli accessi umanitari. 

8 marzo 2018