Francesco ai sacerdoti: dare radici ai giovani

L’intervento ha concluso la liturgia penitenziale del clero romano aperta dal vicario a San Giovanni in Laterano. «Offrire vicinanza ai dolori e alle miserie umane»

Offrire uno sguardo amabile, quello di cui ha bisogno la gente. Praticando “la pastorale dell’orecchio”. E «guardando alla realtà senza averne paura, discernendo i segni dei tempi e le cose che vengono dallo Spirito». È ciò che il Papa raccomanda ai preti di Roma, che ha incontrato nella mattina di giovedì 15 febbraio, nella basilica di San Giovanni in Laterano, nel tradizionale appuntamento all’inizio della Quaresima. Una riflessione divisa in quattro risposte ad altrettante domande di sacerdoti del clero romano ricevute prima dell’incontro e divise per fasce di età.

L’intervento di Francesco – che in precedenza ha confessato alcuni sacerdoti – conclude la liturgia penitenziale aperta dal vicario di Roma, Angelo De Donatis, che ha tenuto l’omelia, di cui parliamo a parte. Al termine viene distribuito il sussidio “Cari fratelli nel sacerdozio…”, testi dei vescovi di Roma al clero romano – da Paolo VI a Francesco – per l’Ufficio delle Letture delle ferie di Quaresima.

Ai sacerdoti giovani il Papa ha chiede
di «cercare il proprio stile sacerdotale» curando «momenti di preghiera personale faccia a faccia con il Signore» e sottolinea l’importanza di «discernere i propri limiti e di dialogare con essi, le proprie “malattie spirituali», cercando «un uomo saggio, il padre spirituale, un compagno di cammino». «La solitudine non fa bene», rimarca Francesco, che indica l’importanza della fraternità sacerdotale.

Ai preti di mezz’età e alle loro difficoltà
il Papa risponde invitando a leggere un libro di René Voillaume, “La seconda chiamata”, e parla di una «necessaria trasformazione» in questa stagione della vita, «momento aspro ma liberatorio». Perché, afferma Francesco, «è il tempo di veder crescere i figli e aiutarli, la parrocchia, la Chiesa, è il tempo della fecondità, di custodire il buon vino. Tempo della potatura e dei primi addii, dell’imparare a congedarsi». Come l’inizio di quel motu proprio pubblicato proprio nello stesso giorno, aggiunge, e dedicato alle dimissioni da alcuni incarichi al compimento del 75° anno di età.

La riflessione sulla “pastorale dell’orecchio” arriva parlando dei sacerdoti anziani, età in cui il Papa individua come centrale il sacramento della Riconciliazione. Ed è l’età in cui «offrire vicinanza ai dolori e alle miserie umane, la compassione di un padre, con una parola, un sorriso. Oggi la gente ha bisogno di essere ascoltata. È il tempo – aggiunge – di offrire il perdono senza condizioni». La stagione della gioia e del gioco con i bambini, dell’ascolto dei giovani. «I giovani ne hanno bisogno, in questo mondo virtuale, senza sostanza, che strappa le radici. È un’urgenza, far ritrovare le radici, una speciale vocazione per i sacerdoti di questa età».

Rispondendo all’ultima domanda,
imperniata sui «segni dei tempi», Francesco invita a guardare alla realtà, «più grande delle idee. Ci sono oggi condotte morali che non siamo abituati a vedere, pensiamo alla vita matrimoniale, molti preferiscono convivere», ma è una «realtà pastorale che non possiamo dimenticare». Non ci sono solo realtà negative in questo tempo, sottolinea il Papa, visto che emergono – e qui cita un articolo di un sacerdote argentino – una maggiore consapevolezza dei diritti umani, più informazione, uguaglianza, tolleranza, una convivenza sociale più spontanea, l’apprezzamento per valori come pace e solidarietà. «Non bisogna spaventarsi delle difficoltà – conclude – ma discernere i segni dei tempi, le cose che vengono dallo Spirito» e «aiutare gli altri».

 

15 febbraio 2018