Giornata del Malato. De Donatis ai cappellani: «Non siate “distributori” di sacramenti»

Il vicario, a San Giovanni in Laterano, si è rivolto ai sacerdoti che operano negli ospedali: «Avete l’arduo compito di fare sentire la presenza del Signore anche dove sembra prevalere il silenzio di Dio»

Quando la malattia incombe nella vita, è necessario mettere al centro la persona per imparare ad accostarsi alla sofferenza come ha fatto Gesù, invertendo le logiche efficientistiche del mondo. È questo il nucleo dell’omelia di monsignor Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma, che ieri sera, 11 febbraio, ha presieduto la solenne concelebrazione per la XXVI Giornata del Malato nella basilica di San Giovanni in Laterano. «Alle strategie mondane contro lo scandalo irrazionale del dolore e della malattia – ha esordito l’arcivescovo – si oppone la battaglia salvifica di Cristo che cerca e crea il contatto con la persona»: la società tende ad isolare chi è malato e fragile, «non solo fisicamente ma anche psicologicamente, facendolo sentire inutile perchè fuori dal ciclo produttivo del guadagno», mentre nei gesti accudenti di Gesù «scorgiamo Dio che viene a visitare il suo popolo».

Commentando il Vangelo, De Donatis ha individuato tre azioni che «esprimono tutta la sollecitudine di Cristo per il lebbroso e che si ripetono anche nella nostra vita». In primo luogo, la compassione «che nasce dal cuore e che non è commiserazione» ma vicinanza, quella che i sacerdoti cappellani sono chiamati a vivere negli ospedali: «state accanto al malato, non siate solo distributori di sacramenti – ha esorato il presule -: avete l’arduo compito di fare sentire la presenza del Signore anche dove sembra prevalere il silenzio di Dio». Di seguito, il tendere la mano ossia «offrire professionalità e, insieme, umanità» – ha chiosato De Donatis rivolgendosi ai medici -: «il malato non vuole sentirsi unicamente un organismo da curare», per questo «fatevi promotori non solo di una salute fisica ma globale: Gesù salvatore si serve anche di voi e della vostra impegnativa professione».

Infine, Gesù tocca il lebbroso: il contatto fisico con il malato, oggi, è competenza di infermieri, portantini, operatori sanitari e volontari che «con il loro prezioso lavoro, o con la scelta di presenza e sostegno – ha detto De Donatis -, nei piccoli ma importanti gesti si fanno strumento del Signore, toccando il suo corpo attraverso le membra dei malati». Concludendo, l’arcivescovo ha invitato a pregare, nel momento della prova, con l’invocazione “Se vuoi, purificami” rivolta dal lebbroso a Gesù, «ascoltando con fiducia anche la risposta del Signore: “lo voglio, sii purificato”». Prima della Messa, davanti alla statua della Madonna di Lourdes, era stata recitata la preghiera del rosario, guidata dal vescovo Paolo Ricciardi, ausiliare della diocesi di Roma e delegato per la Pastorale sanitaria.

Istituita nel 1993 da Giovanni Paolo II, la Giornata del malato si celebra proprio nel giorno della memoria liturgica della Madonna di Lourdes e ieri ricorreva il 160mo anniversario della prima apparizione della Vergine a santa Bernadette Soubirous. «Siamo uniti spiritualmente con la grotta sotto i Pirenei – aveva detto il presule – che è divenuta la casa di Maria e degli ammalati»; meditando i misteri gloriosi, Ricciardi aveva invocato la salute fisica e dell’anima per ciascuno, auspicando che «nel corpo del Risorto sappiamo riconoscere la luce della felicità che ci attende e che passa dalle ferite delle mani e del costato». Ancora, aveva invitato a «rivolgere lo sguardo al cielo per invocare la protezione della Madonna» certi che «ascolta il dolore degli innocenti, la solitudine degli anziani e il battito del cuore di ognuno», anche di colore «che sono definiti in stato vegetativo e, invece, sentono l’amore e ne sono segno».

 

12 febbraio 2018