Verso le elezioni, l’appello per il diritto al voto dei senza dimora

A promuoverlo, Fio.Psd e Avvocato di strada, che chiedono l’istituzione di vie fittizie per la registrazione anagrafica ai Comuni che ancora non le hanno istituite. Il primo censimento di quelle attive

A poco meno di un mese dalle elezioni politiche in programma per il 4 marzo, la Federazione italiana per le persone senza dimora (Fio.Psd) e l’associazione Avvocato di strada onlus lanciano un appello ai sindaci italiani a «farsi garanti del diritto di voto di tutte le persone che vivono in strada e concedere la residenza alle persone che ne faranno richiesta e che hanno i requisiti per ottenerla».

In Italia, si legge in una nota delle due associazioni che da oltre 30 anni lottano dalla parte delle persone senza dimora, «si perde il diritto di voto per incapacità civile, per effetto di una sentenza penale irrevocabile, per particolari casi di indegnità morale. E, anche se non è scritto in Costituzione, se si vive per strada». Il 4 marzo, evidenziano, «decine di migliaia di persone, colpevoli unicamente di essere povere, saranno escluse dal partecipare alle votazioni, un momento fondamentale per la vita democratica del Paese».

I firmatari dell’appello ricordano la circolare Istat del 1992 che ha stabilito per ogni Ufficio anagrafe l’obbligo di «registrare la persona senza tetto o senza dimora nel registro della popolazione residente, istituendo – in caso di assenza di domicilio o residenza – una via fittizia». Eppure, denunciano, «sono ancora troppi i Comuni che negano questa possibilità e che non hanno istituito la via fittizia. Per evidenziare questa lacuna e per cercare di invertire questa rotta – dice la presidente Fio.Psd  Cristina Avonto – abbiamo pensato di realizzare il primo censimento nazionale delle “Vie fittizie” ad oggi attive in circa 200 città italiane. Si tratta di un elenco in continua evoluzione e che mettiamo a disposizione di tutte le istituzioni pubbliche e della collettività».

Per il presidente di Avvocato di strada Antonio Mumolo, «non consentire alle persone di votare negando loro la residenza anagrafica è senz’altro una palese violazione dei loro diritti costituzionali ma è anche un modo per certificare il più totale disinteresse verso persone che vivono in una situazione di estrema povertà e che in base alla legge avrebbero comunque diritto alla residenza».

8 febbraio 2018