Sanità: il sistema funziona ma occorre contrastare sprechi e corruzione

Presentato “Il termometro della salute”, il primo Rapporto Enpam–Eurispes dedicato al sistema sanitario italiano, «uno dei migliori al mondo per la capacità di assicurare la salute dei cittadini»

“Il termometro della salute”. Questo il titolo del primo Rapporto sul sistema sanitario italiano presentato ieri, 18 dicembre, nell’Auditorium del ministero della Salute, realizzato da Fondazione Enpam ed Eurispes, sotto l’egida dell’Osservatorio su salute, previdenza e legalità istituito dai due enti lo scorso gennaio. «Nonostante i ritardi e i problemi, il nostro sistema sanitario nel confronto internazionale rimane uno dei migliori al mondo per la capacità di assicurare la salute dei cittadini», ha affermato il presidente Eurispes Gian Maria Fara. A tracciare il percorso della spesa sanitaria, dai 107 miliardi del 2013 ai 113 di oggi, è stata il ministro Beatrice Lorenzin. «Il budget del sistema sanitario – ha spiegato – è legato alla crescita e l’economia sta dando segni di consolidamento positivo. Questo mi fa sperare che nella prossima manovra di bilancio le risorse del fondo possano aumentare». Per il ministro, che pure non si nasconde criticità, disuguaglianze territoriali e inefficienze, a differenza che in passato, la sanità «oggi gode di buona salute». Per i prossimi anni la sfida è «trovare nuove forme per bilanciare innovazione, qualità e sostenibilità e assicurare a tutti la possibilità di curarsi», ha continuato Lorenzin.

Stando ai dati del Rapporto, illustrato dal ricercatore Eurispes Alberto Baldazzi, l’Italia investe il 14,1% della spesa pubblica per mantenere il proprio sistema sanitario: l’1,1% meno della media europea. Al primo posto l’Irlanda, che vi dedica la quota più alta (19,3%) che però incide solo per il 5,7% del suo Pil. Nel 2015 gli operatori impegnati nel comparto sono stati 1.796.000, ma considerando anche la quota di lavoro nero il totale degli addetti, secondo i curatori della ricerca, è di circa due milioni e 200mila. A mettere a rischio il comparto, precariato, insufficienza degli organici, forte invecchiamento del personale sanitario, in particolare nella medicina generale. Secondo il ministero della Salute nel 2012 il comparto assorbiva 45.437 medici di medicina generale. Di questi, la Federazione italiana dei medici di famiglia prevede che circa 21.700 andranno in pensione entro il 2023 mentre i giovani “in ingresso” non saranno più di 6mila. Il rischio, ha avvertito Baldazzi, è di «una carenza di 16mila medici di base. Probabilmente entro il prossimo decennio un terzo dei cittadini non potrà avvalersi del medico di famiglia».

Un capitolo a parte, quello che riguarda sprechi e corruzione. Ocse e Ue fanno rientrare l’Italia nei range medi di diffusione di cattive pratiche e illegalità che generano mediamente un danno pari al 5,59% della spesa pubblica. Secondo il Rapporto, se si applicassero questi valori alla situazione italiana, «che per ciò che riguarda la spesa pubblica vale circa 113 miliardi di euro l’anno, ciò si tradurrebbe in un danno di circa di 6,5 miliardi di euro l’anno». Aggiungendo l’inefficienza della spesa (3% del totale) e gli sprechi (18% ), il mix di pratiche corruttive, sprechi e inefficienze costerebbe annualmente al nostro Paese ben 23,6 miliardi di euro. Sulla corruzione si è soffermato in particolare anche Vincenzo Macrì, già procuratore generale della Repubblica e viceprocuratore generale presso la Direzione nazionale antimafia, presidente del Comitato scientifico dell’Osservatorio su salute, previdenza e legalità, che ha messo in guardia anche dalle «infiltrazioni della criminalità organizzata», fortemente interessata a un settore «appetibile» come quello della sanità privata, soprattutto convenzionata».

Il Comando dei carabinieri per la tutela della salute ha prodotto solo nel 2016 ben 13.881 operazioni di controllo nell’area della sicurezza sanitaria e farmaceutica, per un totale di 6.151.019 euro di sanzioni amministrative e beni sequestrati per 165.347.185 euro Nel 2016 la Guardia di finanza ha segnalato che le frodi più ingenti hanno interessato procedure di accreditamento di strutture sanitarie per oltre 50,4 milioni di euroe truffe legate a indebite percezioni di rimborsi e pagamenti da parte del Ssn (27 milioni). Tredici miliardi l’anno il costo della medicina “difensiva”.

Ulteriore nodo, la lunghezza delle liste di attesa per visite specialistiche e ricoveri ospedalieri che ha prodotto riflessioni critiche sul ruolo e il reale funzionamento dell’intramoenia, «una sorta di autogol del sistema sanitario pubblico», secondo Baldazzi, «per il quale gli italiani hanno sborsato nel 2015 ben 1.118.395.000 di euro contro una spesa in ticket di 1.403.626.000 di euro». Ancora, dalla relazione conclusiva del 2013 della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali, emerge che da aprile 2009 a dicembre 2012 le denunce al vaglio dell’attenzione parlamentare sono 570, 400 delle quali relative a casi che hanno comportato la morte del paziente. Su 570 casi di presunti errori monitorati, 117 si sono verificati in Sicilia e 107 in Calabria. Oltre la metà dei decessi (232, il 58%) è riferibile a Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna.

«L’evoluzione pur faticosa dei piani di rientro di molte regioni , il varo dei nuovi Lea e delle nuove politiche vaccinali – la conclusione di Baldazzi – fanno ritenere che, comunque, il sistema non sia “immobile”, e che per alcuni versi siano state imboccate le strade giuste in un rapporto più equilibrato tra autonomia ragionale e ministero della Salute». Per Alberto Oliveti, presidente Enpam, «la strada da percorrere è quella di selezionare i livelli essenziali di assistenza (Lea) possibili, quelli cioè che possiamo garantire a tutti su tutto il territorio nazionale».

19 dicembre 2017