Strage di bambini in Pakistan, «crimine contro l’umanità»

Numerose le prese di posizione contro l’attacco perpetrato dai terroristi in una scuola a Peshawar. Impagliazzo (Sant’Egidio): «Lo sdegno non basta più». L’ex ministro Bhatti: «Il governo faccia di più per eliminare l’odio»

«Ci sono in Pakistan una serie di scuole dove vengono formate queste persone, soprattutto giovani e addirittura bambini, che sono pronti a vivere e morire per certe ideologie. E il governo non ha ancora avviato nessun programma e nessuna azione per risolvere questo problema». La denuncia arriva da Paul Bhatti, ex ministro pakistano per l’armonia nazionale e le minoranze religiose, all’indomani dell’attacco talebano contro una scuola a Peshawar: nella serata di ieri, martedì 16 dicembre, si contavano 145 morti, per lo più bambini. «La mia più grande preoccupazione – continua Bhatti – è che il governo non ha ancora preso le misure necessarie, con programmi a medio e lungo termine per eliminare quest’odio sempre più diffuso nel Paese». E la memoria va immediatamente alla coppia di sposi bruciata viva in una fornace solo qualche settimana addietro.

Ogni anno, riferisce l’ex ministro, «vengono fuori da queste scuole dell’odio migliaia di bambini con ideologie che poi sono difficili da controllare. Gente manipolata che manipola, che fa presa soprattutto laddove povertà e ignoranza sono più diffuse. Due elementi che si sposano, in un meccanismo che lascia poca speranza». Occorre agire «laddove crescono e si fomentano queste ideologie estreme: è gente che non ha religione, non ha cuore, non ha umanità». E proprio di «crimine contro l’umanità» parla, commentando la strade di bambini, il presidente della Comunità di Sant’Egidio Marco Impagliazzo. «Anche nel mezzo dei contrasti più irriducibili, anche nei conflitti più sanguinosi – scrive in una nota -, la vita dei bambini dovrebbe essere sacra a tutte le parti in lotta, e la scuola dovrebbe essere risparmiata dagli scontri in atto, quale luogo di dialogo, di pace, di crescita comune. Non a caso la Comunità di Sant’Egidio ha denominato “Scuole della Pace” i luoghi in cui, anche nel Pakistan così martoriato, si cerca di formare nuove generazioni al dialogo, all’amicizia e alla condivisione».

Nella scuola di Peshawar, invece, «la sacralità della scuola è stata violata e l’umanità stessa è stata ferita nelle persone più deboli e indifese. Un attentato al loro e al nostro futuro. La motivazione dell’atto terroristico – la vendetta per operazioni della sicurezza pakistana condotte contro i talebani – è quanto di più antiumano concepibile, perché evoca una ulteriore escalation di violenza, in una spirale di cui non si vede la fine. Siamo di fronte a un crimine contro l’umanità». Proprio per questo, chiosa Impagliazzo, «lo sdegno non basta più»: è urgente un «responsabile intervento politico di quanti, governi e organizzazioni internazionali, sono coinvolti nei conflitti, perché, superando l’impotenza fin qui manifestata, vengano messe in atto le iniziative necessarie per fermare i massacri». Alla società civile e alle «grandi religioni» il compito di «pretendere che le armi siano deposte e che il dialogo riparta».

Dura la condanna espressa anche dal presidente di Unicef Italia Giacomo Guerrera: «Utilizzare o attaccare scuole è inaccettabile in qualsiasi circostanza. Le scuole devono essere luoghi di pace dove i bambini dovrebbero poter giocare e imparare in condizioni di sicurezza e protezione». Sulla stessa linea anche il commento di David Griffiths, vicedirettore del programma Asia-Pacifico di Amnesty International. «Non può esservi assolutamente alcuna giustificazione per colpire i bambini in questo modo – dichiara -. Questo inconcepibile attacco dei talebani costituisce un grave monito sul disperato bisogno di protezione concreta della popolazione del Pakistan nord-occidentale nei confronti dei gruppi armati». Ora, all’indomani di «uno dei più scioccanti attacchi dei talebani che la memoria recente ricordi», per Griffiths «è di primaria importanza che le autorità del Pakistan assumano misure efficaci per proteggere i civili e ridurre al minimo il rischio che si ripetano tragedie agghiaccianti come questa».

17 dicembre 2014