De Donatis: in san Francesco «realizzato appieno il messaggio del Vangelo»

L’arcivescovo ha presieduto la celebrazione solenne nella chiesa di San Francesco a Ripa grande. «Il giogo di Cristo gli fu leggero perché vissuto con totale affidamento a lui nell’impegno di riparare la Chiesa»

San Francesco modello di umiltà e di misericordia verso l’altro: così l’arcivescovo Angelo De Donatis ha definito la figura del frate di Assisi in occasione della celebrazione solenne che ha presieduto ieri, 3 ottobre, alle 18.30 nella chiesa di San Francesco a Ripa grande, nel quartiere Trastevere. «Francesco ha accolto la rivelazione di Gesù con cuore semplice – ha spiegato il vicario del Papa per la diocesi di Roma nella sua omelia -, seguendo alla lettera il mandato di Cristo agli apostoli, che diventerà poi la Regola».

Nel commentare la Parola del giorno, il presule ha evidenziato come in san Francesco, « le cui stigmate evidenziano il legame di profonda intimità con Gesù», si sia realizzato appieno il messaggio del Vangelo: «Il giogo di Cristo gli fu leggero – ha spiegato De Donatis – perché vissuto con totale affidamento a lui, nell’impegno di riparare la Chiesa materialmente e in un modo ben più profondo». Di seguito, l’arcivescovo ha sottolineato come anche a ciascuno di noi il Papa chieda, oggi, una conversione profonda: «Facciamo attenzione perché rischiamo di agire solo sul piano materiale – ha ammonito -, ma nella lettera di San Paolo ai Galati troviamo oggi due consegne che possono guidarci».

Dapprima è necessario imparare a farsi carico dei pesi degli altri: «È questo il giogo del Signore – ha spiegato De Donatis – e san Francesco lo capì subito, all’inizio della sua conversione, quando esercitò misericordia verso i fratelli». Quindi, il vicario del Papa ha riferito un ricordo emblematico dell’inizio del suo sacerdozio quando, trentasette anni fa, era viceparroco a San Saturnino: «Una bambina che avevo confessato in occasione della prima comunione – ha raccontato – tornò da me pochi giorni dopo chiedendo nuovamente la confessione: non per sé, ma per chiedere perdono per il padre, che immaginava sarebbe stato impenitente, che aveva abbandonato lei e la madre per un’altra donna». Questo caricarsi del giogo altrui «vuol dire riparare la Chiesa del Signore – ha sintetizzato  De Donatis – e ciascuno di noi è chiamato a farlo».

La seconda consegna fornita dalla Lettera di san Paolo «sembra essere in contraddizione con la prima – ha evidenziato il presule -, ma l’espressione “Ciascuno porterà il proprio fardello” ha, in questo contesto, un significato molto chiaro: vuol dire che non dobbiamo imporre il nostro modo di vedere, che non dobbiamo giudicare, imparando a guardare ai nostri difetti». Poi, usando un’immagine scritta da San Francesco, De Donatis ha riassunto: «Chi digiuna non giudichi chi mangia». Prendere il giogo del Signore e farsi carico degli altri senza caricarli di giudizi è quindi il sentiero da seguire «per arrivare a conoscere meglio Gesù e, per mezzo di lui, il Padre con la stessa contentezza con cui l’ha conosciuto san Francesco», ha concluso De Donatis.

Contentezza ha espresso padre Andrea Stefani, il parroco di San Francesco a Ripa grande, «per aver potuto fare memoria del transito di San Francesco con il vicario del Papa che aspettiamo qui, nei luoghi dove il poverello di Assisi ha vissuto a Roma».

4 ottobre 2017