“Spiderman”, nella sale la formazione del giovane eroe

Il giovane Peter affidato a Tom Holland disegna quella immediata sintonia con nevrosi e incertezze giovanili che creano identità e somiglianza

Il giovane Peter affidato a Tom Holland disegna quella immediata sintonia con nevrosi e incertezze giovanili che creano identità e somiglianza

Avvicinandosi il momento del passaggio di consegne tra una stagione cinematografica in chiusura e la successiva in arrivo, si propone ancora una volta la necessità, non bella ma realistica, di prendere atto che a fare la voce del padrone in sala sono soprattutto i film americani. Cominciamo subito con Spider-Man: Homecoming, in uscita proprio in questi giorni, per la regia di Jon Watts, destinato a coprire tutta la prima parte della stagione estiva. Il titolo fa riferimento sia all’homecoming, tradizione statunitense in cui i licei organizzano una festa di bentornato per gli ex–studenti, sia al ritorno del personaggio.

Dopo la trilogia diretta da Sam Raimi con protagonista Tobey Maguire, seguita dagli episodi di The Amazing Spider-Man firmati da Marc Webb con Andrew Garfield, il nuovo filone di Spider-Man riprende con il percorso formativo di Peter Parker al seguito di Tony Stark, alias Iron Man. Il giovane Peter ha concluso con entusiasmo il periodo di apprendistato nella sede degli Avengers, e si appresta a riprendere le lezioni a scuola. Qui però capisce che è difficile seguire bene le lezioni, porre attenzione alle parole degli insegnanti. La sua testa è rivolta altrove, a quel Tony Stark che gli ha fatto intuire la possibilità di mettersi al servizio di qualcosa di più utile e consistente. Peter prova una vera passione per la tuta di Spider-Man, che spera di tornare a indossare quanto prima. Quando il pericolo rappresentato dall’Avvoltoio torna ad infestare i cieli del quartiere, prova a impegnarsi in un’iniziativa estemporanea e improvvisa. Forse confusa e caotica ma molto generosa e in grado di rimetterlo nella giusta luce agli occhi di Tony Stark.

Va detto che questo capitolo di Spider-Man (che apre il secondo reebot del franchise cinematografico e segna l’ingresso ufficiale del personaggio nell’universo Marvel) si offre fin dall’inizio con una piena e palese tendenza al ringiovanimento del personaggio. Peter Parker ha quattordici anni, fisico esile e modi di fare da adolescente, ha come amico prediletto a scuola un coetaneo tanto grassoccio quanto abile nel computer, in classe si innamora di Liz ma è troppo timido per rivelarsi e quando la invita per il ballo e va a casa a prenderla scopre che è la figlia di Adrian Toomes, ossia il suo nemico Avvoltoio.

La storia comincia e procede tenendo in primo piano la scelta dell’umorismo, una comicità del tutto ad altezza di “ragazzo” con situazioni e soluzioni tra l’impacciato e il semiserio, occasioni nelle quali il protagonista si getta in modo sconsiderato ed eccessivo, vista l’età, e che lo portano ad esiti difficili da recuperare. Quando battute ed ironia prevalgono, il copione scorre agevole e brillante; quando le inevitabili necessità del personaggio richiedono il suo partecipare e azioni mirabolanti e fracassone, il tono un po’ cambia e torna l’action movie tuttavia atteso e auspicato da molti.

In sostanza questo Spider-Man: Homecoming ha il merito non piccolo di proporre una vicenda all’insegna del buon gusto e senza particolari sbavature. Nella quale il giovane Peter affidato a Tom Holland disegna quella immediata sintonia con nevrosi e incertezze giovanili che creano identità e somiglianza. Film per ragazzi e per famiglie, per compagnia e passatempo.

17 luglio 2017