Minori stranieri soli e in fuga: in città sono oltre 2mila

L’accoglienza nelle strutture diocesane: oltre 300 ospitati lo scorso anno. La nuova legge, le speranze di ricollocazione, i diversi progetti in cantiere

L’accoglienza nelle strutture diocesane: oltre 300 ospitati lo scorso anno. La nuova legge, le speranze di ricollocazione, i diversi progetti in cantiere

Il rapporto Anci-Cittalia lo ha indicato con un numero preciso: Roma è la Capitale dei minori stranieri non accompagnati. Nel 2014 è stata la città italiana che ne ha accolti di più: 1.960. Un dato che a distanza di tre anni, confermano gli uffici del Comune, è lievemente cresciuto superando di poco i duemila. Cifre che nascondono storie e difficoltà di chi ha lasciato luoghi e affetti per coltivare la speranza di una vita migliore. Ad attenderli in Italia sono centri di identificazione, di prima e di seconda accoglienza, dove i ragazzi restano fino al compimento dei 18 anni. Strutture previste dalla legge italiana, che il 26 ottobre scorso è stata aggiornata con la nuova normativa approvata dal Parlamento. Adesso viene garantito a tutti i minori non accompagnati l’accesso al sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati e si riduce da 60 a 30 giorni il termine massimo di presenza nelle strutture di prima accoglienza, mentre le operazioni di identificazione devono essere effettuate entro 10 giorni.

La gestione delle strutture è stata affidata a enti locali, cooperative, associazioni di volontariato, onlus e ong. A Roma la Caritas diocesana, nei suoi 5 centri, ha ospitato nel 2016 oltre 300 minori giunti in Italia da soli. Tre sono destinati alla prima accoglienza, a Piramide, a Torre Spaccata e a Santa Maria del Soccorso, dove è stato realizzato anche un centro diurno. Altri due gruppi di appartamenti costituiscono i centri di seconda accoglienza. Il primo, sempre a Santa Maria del Soccorso, ospita 5 diciassettenni. Il secondo, a Grottaferrata, è riservato alle ragazze. «Lavoriamo sulla conoscenza della lingua italiana e inglese – spiega Maria Franca Posa, responsabile dell’Area minori della Caritas di Roma -. Li informiamo sulle procedure giuridiche. Nei prossimi giorni faranno una gita. Per una settimana andranno a Latina, ospiti di una parrocchia». In alcune strutture sono stati realizzati anche due orti coltivati dai ragazzi ospiti, che si cimentano pure in laboratori di cucina. «Per noi – aggiunge Posa – il carattere pedagogico ha un ruolo fondamentale: siamo educatori che accompagnano i giovani e che sperano di lasciare in loro buoni segni».

Per questo motivo Caritas Roma insieme a Caritas Internationalis ha presentato alla fine dello scorso anno a Ginevra, durante l’Assemblea generale dell’Onu sui diritti dei migranti, le prassi educative adottate per i ragazzi che accoglie. A Roma tanti progetti sono stati realizzati, altri sono in cantiere. “Fonte di Ismaele” è uno di quelli che sarà avviato nei prossimi mesi. Una struttura, in via Palmiro Togliatti, ospiterà laboratori, offrirà cure sanitarie e attività diurne a minori in difficoltà, tra cui stranieri non accompagnati: all’iniziativa lavorano le associazioni Medicina Solidale e Dorean Dote, in collaborazione con Meter e con la diocesi di Roma. «Vogliamo offrire a questi ragazzi la possibilità di trascorrere le loro giornate in maniera formativa e assieme ai loro coetanei in modo che possano stringere legami forti», spiega il vescovo ausiliare Paolo Lojudice, presidente della Commissione regionale Cel per le migrazioni, che ha promosso con l’Ufficio diocesano Migrantes anche il progetto “Lapis”. Un’iniziativa che prevede laboratori formativi per volontari impegnati nell’assistenza e nell’accompagnamento di minori in difficoltà. Durante il primo incontro alcuni esperti hanno presentato proprio la nuova legge per i minori non accompagnati. Per loro l’Unione europea ha dato il via libera alla ricollocazione in un altro Paese pronto ad accoglierli: Germania, Paesi Bassi, Belgio, Austria e Svezia.

Da Roma lo scorso anno ne sono stati ricollocati meno di 10. Altri due dovrebbero partire nei prossimi giorni. Numeri bassissimi. «Sono così pochi – sottolinea Posa – perché farsi carico di un minore comporta la garanzia di maggiori diritti, dallo studio alla formazione, rispetto a un adulto, e maggiori costi. Molti Paesi non vogliono questo impegno».

17 luglio 2017