Migranti, porti chiusi e frontiere blindate: il “no” delle associazioni

Dal Centro Astalli al Forum Terzo settore fino all’Arci, in tanti esprimono preoccupazione sul vertice di Parigi. Ripamonti: «Non abdicare alle responsabilità»

Dal Centro Astalli al Forum Terzo settore all’Arci, in tanti esprimono preoccupazione sul vertice di Parigi. Ripamonti:«Italia ed Europa non abdichino alle loro responsabilità»

Chiudere i porti, blindare le frontiere e spostare il problema un po’ più in là, senza trovare una reale soluzione che tenga conto della vita delle persone. È questo l’obiettivo dei vertici di Parigi e Tallin in corso in questi giorni secondo le organizzazioni che si occupano di diritti umani e immigrazione. Secondo l’Arci per i ministri degli Interni italiano, tedesco e francese, incontratisi il 2 luglio, «l’obiettivo principale è blindare le frontiere libiche e rendere più difficile l’attività di soccorso in mare delle ong». L’unica cosa certa, sottolineano, è che «si vogliono esternalizzare le frontiere, attribuendo alla Libia, in cambio di laute prebende economiche, il compito di fermare i migranti non solo sulle coste, impedendo le partenze verso l’Europa, ma anche alla frontiera sud, impedendo alle persone in fuga di entrare nel Paese. Il tutto accompagnato dal rilancio di una campagna denigratoria verso le ong che prestano attività di ricerca e soccorso in mare». L’accusa è di «alimentare le partenze, garantendo ai migranti il possibile salvataggio in caso di naufragio. Una sciocchezza che però rischia di diventare una delle tante false evidenze date in pasto all’opinione pubblica. Se poi a quest’accusa si aggiunge il ventilato sospetto che le ong possano lucrare su quest’attività, tanto da ritenere indispensabili maggiori controlli anche sui loro bilanci, ecco che la campagna di discredito nei loro confronti trova più di una sponda tanto da poter impunemente affermare che si potrebbe vietare l’attracco di navi di ong straniere nei porti italiani, ben sapendo che si tratta di una azione contraria alla legge e alle convenzioni internazionali».

L’unica via, auspicata da Arci, è che siano aperti canali di ingresso legali, sottraendo chi fugge ai trafficanti e garantendo viaggi in sicurezza. «Va anche detto che la quantità di migranti che approdano sulle nostre coste rappresenta numeri del tutto gestibili, se solo ci fosse una capacità programmatoria che evidentemente non può prescindere dalla volontà politica – si legge in una nota -. La nostra proposta, che ribadiamo, è quella di rafforzare il sistema Sprar: piccoli gruppi di migranti distribuiti su territori con cui si sia stabilito un dialogo positivo, in modo da rendere più semplice l’attività di integrazione con le comunità locali. Di come accogliere meglio e di come evitare le morti di frontiera bisognerebbe discutere a Tallin. Invece si grida all’invasione, alla necessità di provvedere a difendersene, facendo dell’Europa e del nostro Paese sempre più uno spazio senz’anima e senza futuro».

Sulla stessa scia il Centro Astalli secondo cui «si è molto concentrati a delegare e spostare il problema dei migranti altrove, fuori dall’Unione, senza dare la dovuta importanza e attenzione alle vite delle persone». L’organizzazione chiede vie legali e canali umanitari per coloro che tentato di giungere in Europa. «Riteniamo lesivo dei diritti dei migranti pensare di poter realizzare politiche di esternalizzazione e di contenimento, stabilendo accordi con la Libia o con altri Paesi di transito, in cui i migranti di fatto continuerebbero a vivere in condizioni precarie e insicure – sottolinea il presidente padre Camillo Ripamonti -. Serve un approccio sostanzialmente diverso al fenomeno migratorio: basta parlare di emergenza a sproposito. L’unica vera urgenza è che l’Europa rimetta al centro delle proprie politiche il rispetto dei diritti e della vita di migliaia di migranti che sono costretti a mettersi in viaggio e che cercano legittimamente di arrivare a vivere in contesti pacifici e democratici». In vista del Vertice di Tallin il Centro Astalli chiede a istituzioni nazionali e sovranazionali di coordinare e non limitare le attività di ricerca e salvataggio in mare dei migranti, valorizzando il lavoro delle ong e potenziando la sinergia con la guardia costiera per mettere in salvo quante più vite possibile; di lavorare per un equa distribuzione dei migranti tra i Paesi dell’Unione: se ogni Stato membro facesse la sua parte i numeri sarebbero molto ridimensionati e pertanto gestibili. Ancora, viene chiesto di attuare adeguati programmi di resettlement, relocation, visti e canali umanitari e di garantire i ricongiungimenti familiari che consentano ai migranti viaggi e ingressi sicuri in Europa.

Anche il Forum del Terzo settore esprime «viva preoccupazione sulle notizie di possibili misure per limitare gli interventi di salvataggio dei migranti che attraversano il Mar Mediterraneo verso l’Europa, fino a prevedere la chiusura dei porti alle navi di soccorso». Il Forum raccoglie l’esperienza di una molteplicità di organizzazioni italiane impegnate per affrontare il fenomeno delle migrazioni con gli strumenti della solidarietà, in Italia e nel mondo. «La chiusura dei porti sarebbe una misura inaccettabile, che contraddice i più elementari obblighi di assistenza e solidarietà; misure punitive verso le organizzazioni non governative potrebbero portare alla ingiustificata restrizione della loro capacità di prestare soccorso, in presenza di un’iniziativa europea ancora lacunosa – sottolineano in una nota -. Ci uniamo a quanti in questi mesi hanno richiamato l’Europa nella sua interezza alle proprie responsabilità in termini di assistenza. In particolare, crediamo che Paesi come l’Italia, che si trovano ad affrontare il carico maggiore del soccorso in mare, non possano essere lasciati soli nella gestione delle fasi di ospitalità di medio e lungo periodo. I governi europei devono assumere scelte coerenti, adottando decisioni credibili per la realizzazione in tempi rapidi di un piano di ricollocazione di rifugiati e migranti dei Paesi dell’Unione». Il Forum si rivolge in particolare al presidente del Consiglio Gentiloni e al ministro Minniti, in vista dell’incontro informale di Tallin di questa settima, invitandoli «a fornire rassicurazioni sul fatto che l’Italia non intenda abdicare alle proprie responsabilità in termini di assistenza e solidarietà e richiediamo, in questo senso, un incontro urgente».

4 luglio 2017