Unicef: «Canali umanitari per donne e bambini da Libia e Niger»

L’appello lanciato dal portavoce Iacomini a margine della presentazione del rapporto “Bambini sperduti”. «Ogni piccolo che fugge deve essere protetto»

L’appello lanciato dal portavoce Andrea Iacomini a margine della presentazione del rapporto “Bambini sperduti”. «Ogni piccolo che fugge deve essere protetto»

«Canali umanitari legali e sicuri per donne e bambini» che partano dalla Libia ma anche dal Niger e altri Paesi africani in difficoltà, «sotto l’egida dell’Onu e dei governi. Altrimenti li esponiamo a violenze orribili e condizioni disumane». È l’appello lanciato dal portavoce di Unicef Italia Andrea Iacomini oggi, 30 maggio, a margine della presentazione del rapporto “Bambini sperduti“. «In Libia – ha chiosato Iacomini – ci sono centri di detenzione che, come dice il Papa, sono campi di concentramento. Non possiamo lasciare i bambini lì». Il riferimento è all’entrata in vigore dell’accordo tra Italia e Libia che prevede l’addestramento della Guardia costiera libica per fermare le partenze.

«Ci sono 34 centri di detenzione in Libia – ha proseguito il portavoce Unicef -; in 14 siamo riusciti a entrare e abbiamo potuto verificare che le situazioni sono difficili. Contiamo nei prossimi mesi di portare il nostro aiuto. Ma ci sono altri centri che sfuggono al controllo del governo centrale. Questa situazione è molto preoccupante: non si può entrare e sappiamo che ci sono forze crudeli che li gestiscono. Le condizioni di vita sono al limite dell’umanità dal punto di vista igienico-sanitario e ci sono bambini che subiscono violenza ogni giorno». I respingimenti, ricorda ancora Iacomini, «sono contrari al diritto internazionale umanitario: gli Stati si impegnino a proteggere tutti in bambini, visto che in Libia c’è una situazione di instabilità cronica».

Nelle parole del portavoce anche la denuncia di «situazioni di lager all’interno dell’Europa che facciamo finta di non vedere», come «i bambini lasciati in condizioni disumane al confine con la Bulgaria, con la Serbia e l’Ungheria. Per i bambini noi rifiutiamo la distinzione terminologica tra richiedenti asilo e non – è la conclusione -. Chiunque fugge deve essere protetto».

30 maggio 2017