Festa d’Europa, Prodi ricorda Schuman

Il 9 maggio 1950 l’allora ministro degli Esteri francese rendeva nota la “Dichiarazione” che ha dato il via al processo di integrazione europea

Il 9 maggio 1950 l’allora ministro degli Esteri francese rendeva nota la “Dichiarazione” che ha dato il via al processo di integrazione europea. «I pilastri: radici cristiane e solidarietà»

Era il 9 maggio 1950, praticamente all’indomani della tragedia della seconda guerra mondiale, quando l’allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman rendeva nota la “Dichiarazione” alla quale si fa risalire l’avvio del processo di integrazione europea. Nel giorno della Festa d’Europa, Romano Prodi, già presidente della Commissione europea, evidenzia che «oggi noi viviamo uno dei momenti più difficili della nostra storia comunitaria, ma, come scriveva Robert Schuman, l’Europa richiede tempo per essere costruita. Credo che Schuman riscriverebbe oggi le stesse cose – sostiene -: ci vuole tempo, coraggio, e sempre maggiore coesione per proseguire sul cammino della costruzione di un’Europa ancora non completa».

Tra i “padri” dell’Europa comunitaria, Schuman affermava che «la pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche. L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto». Per Prodi sono proprio questi i due «pilastri sui quali, secondo Schuman, si regge l’Europa: le  comuni radici cristiane e la solidarietà». In un’Europa nella quale il sentimento religioso era ancora molto forte, osserva, «egli riconosce alla Chiesa un ruolo etico, un’attenzione costante alla persona, all’uomo. Per questo altissimo e incontrastato primato pone la radice cristiana quale pilastro di quella Europa che nasceva dopo la ferocia della seconda guerra mondiale e lo sterminio di milioni di esseri umani».

Porta la firma di Romano Prodi anche la prefazione alla nuova edizione di “Per l’Europa”, il libro-testamento di Robert Schuman che l’editrice Ave dà alle stampe sotto la cura di Edoardo Zin. In quel testo Prodi ricorda che quando era presidente della Commissione europea (1999-2004) il 9 maggio era scherzosamente chiamato «giorno di san Schuman». Poi afferma ancora che dalla «comune radice cristiana, che al centro pone l’uomo, discende il secondo pilastro dell’Europa unita: la solidarietà». Il politico francese, prosegue, «è assolutamente certo che, nonostante le diversità, non via sia per le nazioni d’Europa che una ragionevole strada per chiudere con il passato e disegnare un futuro di pace e di progresso per i popoli: unirsi. Lontano dai facili idealismi che, trascurando la storia delle singole nazioni, avrebbero potuto ostacolare il processo di unificazione invece che sostenerlo, Schuman è consapevole che l’Europa ha bisogno di tempo e che nulla sarà ottenuto senza “urti”». Se è vero infatti che ogni Stato, commenta Prodi, «costituisce un tassello insostituibile e porta con sé la sua storia di cui è giustamente orgoglioso», è proprio «il più alto principio della solidarietà tra gli Stati, posto alla base dell’Europa, che deve guidare tutte le nazioni a rimuovere gli ostacoli per arrivare ad una coesione sempre più autentica».

In italiano la prima edizione di “Per l’Europa” uscì nel 1965, a cura di Cinque Lune, con una prefazione di Mariano Rumor. A oggi «si contano tre edizioni in tedesco, una in inglese, portoghese, spagnolo. Attualmente, si sta preparando un’edizione in albanese, anche se l’Albania non fa ancora parte dell’Ue», spiega Zin, che della nuova edizione critica pubblicata dall’Ave è curatore, oltre che traduttore. Studioso del pensiero di Schuman e vice presidente dell’Istituto San Benedetto Patrono d’Europa, che sostiene la causa di beatificazione del politico francese, Zin lo ricorda come «l’uomo che, dotato di una solida forza interiore, cercò di tradurre il suo sguardo di vero profeta sull’Europa del suo tempo e, spinto dalla fede che lo ispirava, dalla speranza che lo animava, dalla carità che viveva nella vita politica, si impegnò a preparare un futuro di pace per i popoli d’Europa». Per questi motivi, spiega, «è stata introdotta presso la chiesa di Metz (Lorena, Francia) la domanda perché sia proclamato beato. La fase diocesana del processo canonico si è ormai conclusa». Nel frattempo, prosegue, «la fama di santità del servo di Dio Robert Schuman si è diffusa un po’ ovunque. Ultimamente, anche la conferenza episcopale polacca ha votato all’unanimità il suo auspicio perché Schuman venga dichiarato beato».

9 maggio 2017