Pasqua a Gerusalemme. «Ombre di morte» che umiliano la vita
Pizzaballa ha ricordato Siria, Egitto, Iraq, Yemen e Terra Santa. «Non chiudiamoci nella paura. Sarebbe negare con la vita la fede nella risurrezione»
on c’è luogo della nostra storia che non possa essere luogo di incontro con Dio».
Si tratta di una consapevolezza che «non ci rende esenti dall’esperienza della prova, del dolore, del buio. Basta guardarci attorno, infatti, e avremo di che preoccuparci e sentirci sommersi dalla morte, dalle sue vittorie e dai suoi pungiglioni». E il pensiero è andato immediatamente alla strage dei fedeli copti in Egitto, a Tanta e ad Alessandria. «È una situazione di morte, un desiderio di morte – le parole di Pizzaballa – di cui molti oggi in questi nostri Paesi sembrano assetati» e che non è ricambiato da questi «nostri fratelli cristiani che restano aperti, con serena fiducia, ad ogni collaborazione. Con tutti. Nessuna parola di odio e disprezzo. Nessuna reazione violenta, ma solo il sereno e giustamente fermo desiderio di giustizia. La morte di quei martiri – ha proseguito il presule – non ha cancellato la forza di vita di quella comunità! La domenica delle Palme per loro è già stata Pasqua».
Inevitabile il riferimento alla «nostra Terra Santa», dove «non mancano le ombre della morte: le ferite nella geografia del Paese e nella vita delle nostre popolazioni sono innumerevoli – ha aggiunto Pizzaballa -, giustizia e pace sono diventati slogan svuotati di ogni credibilità. Le nostre famiglie sono divise. Parlare di speranza sembra parlare senza senso, sembra essere fuori dalla realtà. Su tutto insomma c’è paura e sfiducia: tra i membri di diverse fedi, tra le diverse comunità, all’interno delle nostre stesse comunità e famiglie assistiamo a continue divisioni di ogni tipo, basate sulla paura dell’altro, sulla paura di perdere qualcosa, sulla paura di morire, di donare la vita. E così facendo ci consegniamo invece alla morte e al suo potere».
Eppure, ha continuato ancora l’amministratore apostolico del Patriarcato latino, «se crediamo davvero nella risurrezione, se affidiamo tutte queste situazioni a Lui, se le facciamo diventare domanda, preghiera, grido, allora queste stesse situazioni diventeranno un sentiero di vita. Non ripieghiamoci o chiudiamoci nelle nostre paure. Non permettiamo alla morte e ai suoi sudditi di spaventarci. Sarebbe un negare con la vita la nostra fede nella risurrezione! E non limitiamoci nemmeno a venerare questo sepolcro vuoto. La risurrezione – ha concluso – è l’annuncio di una gioia nuova che irrompe nel mondo che non può rimanere rinchiusa in questo Luogo, ma che da qui deve ancora oggi arrivare a tutti».
18 aprile 2017