Ogni anno 100mila cristiani uccisi “in odium fidei”
Ne ha parlato il cardinale Angelo Amato, alla Gregoriana per la presentazione di un volume sui cattolici nei regimi dell’Europa dell’Est
Ne ha parlato il cardinale Angelo Amato, alla Gregoriana per la presentazione di un volume sui cattolici nei regimi dell’Europa dell’Est
«Il martirio è una qualifica universale della Chiesa ieri e oggi». Lo ha affermato il cardinale Angelo Amato, in occasione della presentazione alla Gregoriana del volume “Testimoni della fede. Esperienze personali e collettive dei cattolici in Europa centro-orientale sotto il regime comunista” (Gabrielli Editori), curato da don Jan Mikrut. «Ogni anno – ha aggiunto il porporato – almeno centomila cristiani vengono uccisi in odium fidei: undici ogni ora; uno ogni cinque minuti». Il prefetto della Congregazione per le cause dei santi si è soffermato anche sui Paesi che più soffrono questa persecuzione, «oltre ai territori controllati dal cosiddetto Stato islamico in Siria e in Iraq», vale a dire Nigeria, India, Corea del Nord, Somalia, Pakistan e «perfino la vicinissima Cipro».
Amato ha citato anche il rapporto annuale degli Stati Uniti sulla libertà religiosa (Uscirf), per ribadire che se p vero che la persecuzione dei cristiani nel mondo si è aggravata ulteriormente, è anche vero che «la grazia divina permette che la testimonianza dei battezzati sia superiore alla malizia dei persecutori». Ha voluto ricordare quindi la storia di quattro martiri, tutti extraeuropei, «recentemente elevati agli onori degli altari. Sconosciuti ai più, essi sono l’orgoglio della Chiesa e il vanto dei loro Paesi». Sono l’indiano Lazaro Devasahayam Pillai, il sudafricano Tshimangadzo Samuel Benedict Daswa, il messicano José Sànchez del Rio e il giapponese Justus Takayama Ukon. «Essi – le parole del cardinale – sono stati fedeli alla voce del Signore che dice: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà”».
Segno caratteristico di quella che il prefetto ha definito «la differenza cristiana, che impressiona, stupisce e talvolta converte» è il fatto che «il martire muore inerme e sereno, pur tra indicibili supplizi. Non impreca, non condanna, ma perdona, ama e prega anche per i suoi carnefici e persecutori». Come ai primi tempi della Chiesa, «anche oggi i cristiani sono chiamati alla testimonianza, talvolta anche suprema. Lo dimostrano – ha spiegato ancora il cardinale – i recenti omicidi di padre Jacques Hamel, immolato sull’altare del sacrificio di Cristo, e le quattro suore di Madre Teresa di Calcutta, assassinate perché facevano il bene».
Per il porporato, dunque, «non è anacronistico parlare di martiri ai nostri giorni»: gli eventi «drammatici» del secolo scorso e di questo inizio secolo «confermano il significato profondo di martirio, che è professione di fede, che accompagna sempre la Chiesa di Cristo nella storia. La Chiesa – ha assicurato – non dimentica questi suoi figli coraggiosi», molti dei quali sono stati elevati agli onori degli altari. Un elenco lungo, anche se lo si limita ai beatificati nel periodo 2008-2017 che soffrirono la dittatura nazista e comunista: da Francesco Giovanni Bonifacio a Vladimir Ghika.
10 marzo 2017