I migranti chiamano a casa con il Tracing Bus

Lunedì 6 marzo ha fatto tappa a Roma, nel centro di accoglienza della Croce Rossa. Si tratta di un progetto olandese di Restoring family links

Lunedì 6 marzo ha fatto tappa a Roma, nel centro di accoglienza della Croce Rossa. Si tratta di un progetto olandese di Restoring family links 

Sorridono, si commuovono, in soli tre minuti cercano di raccontare e di ottenere quante più informazioni possibili. Sono gli ospiti del centro di accoglienza della Croce Rossa in via Ramazzini, dove questa mattina, lunedì 6 marzo, ha fatto tappa il Tracing Bus, un camper speciale che permette ai migranti di effettuare una telefonata di tre minuti alle famiglie rimaste nei paesi di origine. Sono tutti uomini e provengono dall’Eritrea, Pakistan, Nigeria, Gambia, Senegal, Siria. Venti sono arrivati sabato e 33 solo questa mattina. La gioia di poter finalmente riascoltare la voce dei propri genitori, in pochi minuti si trasforma in delusione quando, nonostante innumerevoli tentativi, non si riesce a prendere la linea.

Come nel caso di Joel, nigeriano di 19 anni. È arrivato al centro di accoglienza di Roma questa mattina alle 7; ha lasciato il suo Paese a novembre. In Libia, racconta, è stato ferito ad una spalla e ha perso i contatti con le sue sorelle. È in ansia per loro perché in Libia «la situazione è difficile, ci sono terribili violenze». Nonostante questo, a differenza di altri migranti, consiglierebbe ad amici e parenti di affrontare il viaggio verso l’Italia perché «è l’unico modo per provare a salvarsi la vita». Tracing Bus è una iniziativa nata per volontà della Croce Rossa Olandese, ed è finanziata dalla Fondazione Vodafone che ha messo a disposizione il mezzo coprendo tutti i costi. Il progetto si colloca nell’ambito di un programma molto più vasto della Croce Rossa, il Restoring Family Links che lavora in tutto il mondo per ripristinare il contatto tra i familiari e offrire assistenza e servizi per il ricongiungimento.

Partito il 28 gennaio da Agrate – Brianza, il camper ha attraversato tutta l’Italia: Como, Milano, Ventimiglia, Taranto, Crotone e sei città della Sicilia. «In queste settimane – racconta il referente Francesco Montrone — abbiamo raggiunto circa 4.000 migranti ed effettuato più di 1.500 telefonate, il 60% delle quali andate a buon fine. Ogni tappa ha la sua storia, dalla ragazza che racconta alla mamma delle violenze subite, al giovane che scopre di essere diventato papà». Useb, 21 anni, è algerino e dopo sei mesi ha potuto finalmente riparlare con la sua mamma. Per entrambi sono stati tre minuti di forte emozione. Orfano di padre, ha chiesto notizie delle due sorelle minori rimaste a casa. È cristiano ed è fuggito «perché in Algeria non c’è libertà e tanti diritti sono negati». Nonostante questo non permetterebbe mai alla madre e alle sorelle di partire. «Le violenze in Libia sono atroci – dice –  per una donna è molto pericoloso».

Sonagh,  bengalese quasi 18enne, è in Italia da 8 mesi. È riuscito a contattare i genitori ai quali ha raccontato di essere a Roma e di stare bene. Nel centro di accoglienza di via Ramazzini, spiega Lino Posteraro, responsabile delle attività sociali di Croce Rossa Roma, ci sono due tendopoli e una struttura, “Penelope”, che ospita donne e famiglie. «Li ospitiamo qui fino a quando la Prefettura non trova una nuova collocazione. Oltre all’accoglienza sono inseriti in un programma di ricollocamento europeo». Dopo la tappa romana, la Croce Rossa olandese riprenderà il camper e partirà alla volta della Grecia.

 

6 marzo 2017