Dj Fabo muore in Svizzera. Scienza&Vita: «No a strumentalizzazioni»
L’uomo, cieco e tetraplegico, accompagnato in una clinica per il suicidio assistito dal radicale Cappato. Gambino: «Rispetto e silenzio». Interviene l’Aiart
L’uomo, cieco e tetraplegico, accompagnato in una clinica che pratica il suicidio assistito dal radicale Marco Cappato. Gambino: «Rispetto e silenzio»
«Rispettoso silenzio», ma no a «strumentalizzazioni ideologiche». Questo l’atteggiamento di Alberto Gambino, giurista e presidente dell’associazione “Scienza & Vita”, di fronte alla notizia diffusa nella tarda mattina di oggi della morte in Svizzera di dj Fabio, cieco e tetraplegico da tre anni in seguito a un incidente d’auto, accompagnato da Marco Cappato nel Paese elvetico per sottoporsi a suicidio assistito. «Compassione e rispetto assoluti per una vicenda dolorosissima», ribadisce Gambino, ma anche un fermo no alla «strumentalizzazione ideologica del caso fatta dai radicali per tentare di accelerare l’approvazione del ddl sul fine vita pendente alla Camera».
L’attuale testo, non ancora approdato in Aula, «non prevede infatti – precisa il giurista – alcuna forma di eutanasia attiva: è totalmente falso e pretestuoso collegare le due vicende affermando che una rapida approvazione del provvedimento avrebbe consentito a dj Fabio di sottoporsi al suicidio assistito nel nostro Paese senza dover ‘emigrare’ all’estero. Questa possibilità nel ddl non esiste».
Pur non aprendo in alcun modo al suicidio assistito, l’attuale testo presenta tuttavia diversi profili problematici, prosegue Gambino. Tra questi la possibilità di interrompere l’alimentazione e l’idratazione artificiali che, chiarisce, «non costituiscono atti terapeutici, bensì presidi vitali. Se una persona non può sostenersi autonomamente, la loro sospensione non è accettabile e si configura a tutti gli effetti come una forma di eutanasia passiva, anche se – ribadisce – non sarebbe stato questo il caso di dj Fabio».
Se il testo venisse approvato nella forma attuale, avverte ancora il giurista, «farebbe inoltre passare l’idea molto insidiosa che di fronte a una disabilità complessa si possa legittimare la richiesta e la pratica eutanasica. Verrebbe insomma trasposta in una legge la convinzione, inaccettabile, che il valore e la dignità della vita in queste condizioni vengano meno».
Interviene anche l’Aiart per bocca del suo presidente, Massimiliano Padula. «Saremmo voluti intervenire dopo il servizio de Le Iene del 22 febbraio che ha raccontato la sua storia, ma abbiamo preferito il silenzio per rispettare la vicenda personale che trascende ogni singolo giudizio. Oggi, dopo la morte di Fabo, però, sentiamo di sottolineare il rischio di un cortocircuito informativo che strumentalizzi il dolore immenso di questo giovane, per farne una battaglia politica e ideologica. Come realtà associativa che si occupa di media, non vogliamo entrare nei dettagli del caso specifico, ma avvertiamo l’urgenza – sottolinea Padula – di stigmatizzare una televisione e un giornalismo che destrutturano il senso autentico della vita servendosi di sofferenze estreme. Puntare esclusivamente sull’emozione non aiuta lo spettatore a discernere e rischia di creare comprensioni alterate e parziali di situazioni che meriterebbero invece ben altri approfondimenti. Per questo motivo – conclude il Presidente – chiediamo alle emittenti (e ai media in generale) di costruire spazi di programmazione e di riflessione che possano trattare il tema del fine vita in modo plurale, attraverso una narrazione rispettosa e fedele di tutte le storie».
27 febbraio 2017