Un «non arrendersi al male». Anzi, «un doppio non arrendersi». Il presidente dell’Azione cattolica italiana Matteo Truffelli definisce con queste parole il concetto di nonviolenza. L’occasione: il seminario congiunto promosso da Ac e Istituto Giuseppe Toniolo venerdì 20 genniao, dedicato al messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace 2017, sul tema, appunto, “La nonviolenza: stile di una politica per la pace”. Un incontro che è ormai una consuetudine decennale, nel mese di gennaio, proprio per la rilevanza del tema della pace nella vita dell’associazione, ha evidenziato Truffelli, sottolineando anche l’impegno sistematico e costante dell’associazione per contribuire alla costruzione di una cultura di pace e il valore dell’idea stessa di una «cultura di pace», che secondo la Gaudium et spes è un edificio che si costruisce con mentalità sempre nuova.

Non una «illusione buonista», dunque, ma un «doppio non arrendersi al male – ha spiegato il presidente di Ac – perché la nonviolenza implica l’opposizione al sopruso e allo stesso tempo il rifiuto di utilizzare i metodi che sono propri del sopruso». Ha citato la testimonianza di Giorgio La Pira il presidente del consiglio scientifico dell’Istituto Toniolo Ugo De Siervo, anche lui fiorentino. «La Pira – ha affermato – poteva ancora riuscire a distinguere tra la guerra combattuta fra truppe armate e la guerra che punta a distruggere l’avversario. Oggi invece le guerre che vediamo sono tutte di questo secondo tipo, si distruggono le popolazioni, le loro tradizioni, le loro storie».

In questo contesto, ha proseguito De Siervo, il Papa invece che di guerra santa «parla di una “pace santa” e con questo ci invita a una lotta attiva per la pace», come espressamente richiamato dal tema del messaggio, «particolarmente impegnativo» in una stagione di guerre diffuse e frammentate. E di «impegno attivo» ha parlato anche il vescovo emerito di Ivrea Luigi Bettazzi, interpretando la «nonviolenza» come «un’unica parola, che così diventa positiva». Il cristiano, ha evidenziato, deve sentire che «è suo dovere non rifugiarsi mai nell’omertà» e poiché «il principio non negoziabile è l’amore», questo esige «la lotta a ogni forma di violenza».

Il presule ha proposto anche un’ampia ricostruzione storica del rapporto della Chiesa con i temi della guerra e della pace, sottolineando i limiti e le contraddizioni di questa vicenda. Dopo la fine dello Stato pontificio però la situazione ha iniziato a sbloccarsi e finalmente con il Concilio Vaticano II – «la sua unica condanna è stata quella della guerra totale», ha ricordato il presule che a quell’evento ha preso parte – e con gli ultimi pontefici è stato un crescendo, così che oggi i tempi erano maturi perché Francesco potesse parlare della «nonviolenza come stile di una politica di pace». Bettazzi ha messo in grande evidenza la denuncia del Papa contro la produzione e il traffico delle armi e, a proposito del problema dei migranti, ha ricordato che spesso «provengono da territori che prima abbiamo sfruttato e poi abbiamo fatto governare da nostri amici, che a quelle popolazioni hanno reso la vita impossibile». Quindi, nella conclusione, il richiamo alle «tre qualità della nonviolenza di Maria»: la nonviolenza della contemplazione e del silenzio, quella attiva dell’aiuto a Elisabetta e quella profetica del Magnificat.

23 gennaio 2017