Referendum, hanno vinto tutti gli “anti”
Dopo la vittoria del no e le dimissione del premier Renzi, al Quirinale la responsabilità di individuare un nuovo punto di equilibrio per il Paese
Dopo la vittoria del no e le dimissione del premier Renzi, al Quirinale la responsabilità di individuare un nuovo punto di equilibrio per il Paese
Gli italiani hanno detto “No” all’ipotesi di riforma della Costituzione sottoposta al vaglio referendario. E lo hanno detto forte e chiaro, andando a votare mai così numerosi (68,48%). Ma soprattutto nelle urne hanno decretato la vittoria del “No” con un 59,95% che è la somma di una infinità di ragioni. Anche solo elencarle è faticoso: il “voto di pancia” evocato da Grillo; l’onda lunga della protesta contro la “casta”; il vento delle destre che spira fortissimo in Occidente, dagli Stati Uniti di Trump al cuore dell’Europa; il profondo disagio di ampi strati sociali e la mancanza diffusa di lavoro soprattutto giovanile; il tributo talvolta insopportabile da pagare sull’altare della globalizzazione economica; la mancata soluzione del problema dell’immigrazione; un anti-europeismo galoppante; l’avversione militante di due poli (Movimento5Stelle e centrodestra suddiviso in tre tronconi, Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia) sui tre che occupano la scena politica italiana; la divisione interna del Pd; la personalizzazione del voto referendario da parte del presidente del consiglio.
In ogni caso l’Italia resta un Paese complesso che ha bisogno di classi dirigenti capaci di governare la complessità. Difficile non evocare in queste ore un grande leader del passato, Aldo Moro, che della lettura della complessità del Paese era un maestro. Chi saprà leggere meglio la complessità del Paese, chi saprà rispondere al disagio sociale e alla protesta, chi saprà resistere alle tentazioni della chiusura e della autoreferenzialità, chi saprà proporre un orizzonte di sviluppo nazionale che non prescinda dalla casa comune europea, chi saprà fermare la deriva populista… forse – sottolineiamo forse – avrà il diritto di governare. Diversamente, dovremo tutti abituarci ad altri e diversi paradigmi, a partire da quello della riaffermazione della sovranità nazionale a scapito del disegno europeo. E dopo l’elezione a sorpresa di Donald Trump e in attesa delle tornate elettorali francese e tedesca che dovrebbero di norma precedere il voto politico italiano, nulla può essere dato per scontato. Forse le prove più serie per il Paese sono tutte davanti a noi, a prescindere dall’esito del referendum. Al presidente della Repubblica la delicata ricerca di un equilibrio oggi difficile da intravvedere. (Domenico Delle Foglie)
5 dicembre 2016