Dal Perù al Nepal, un impegno “Senzaconfini”

L’esperienza dell’associazione, nata nel 2001 dall’intuizione di una coppia. «I nostri ambiti: soprattutto sanità, igiene e prevenzione»

L’esperienza dell’associazione, nata nel 2001 dall’intuizione di una coppia. «I nostri ambiti – raccontano – sono soprattutto sanità, igiene e prevenzione»

Il motivo per Caterina è semplice. «Quando capisci che hai avuto una fortuna che un miliardo di persone non ha, scatta la molla della giustizia sociale. “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”». Calabrese trapiantata a Roma, ex allieva salesiana come il marito Angelo, Caterina Guarna oggi ha 66 anni ed è in pensione. Angelo, biologo 70enne, è recentemente rientrato dal Nepal. É lì, infatti, che Senzaconfini, la onlus nata del 2001 su input della coppia, sta avviando un nuovo progetto. «Ma tutto è iniziato molti anni fa, nel 1994», ricorda Caterina.

«Eravamo in contatto con un vescovo salesiano, Ermanno Artale, che viveva in Perú. Erano gli anni di Sendero luminoso, il Paese era pericoloso, ma Angelo dopo il terremoto dell’Irpinia era partito con un camion carico di coperte per andare a Sant’Angelo dei Lombardi, era stato a Sarajevo: il Perú chiamava, non potevamo non rispondere». Grazie a una serie di coincidenze «o a un incastro voluto dalla Provvidenza», Angelo insieme a un collega decide di aprire un laboratorio di analisi a Huánuco, una città popolosa e poverissima, e, grazie alla collaborazione della Croce Rossa, dopo un mese e mezzo erano in piedi un laboratorio e un poliambulatorio. Nel 2001, insieme a Franco e Lidia, «una coppia di amici con i quali condividiamo una grande fede, abbiamo dato vita all’associazione, cercato finanziatori e ampliato il progetto».

Nel 2009 il nuovo vescovo Jaime Rodriguez Salazar, che aveva condiviso l’attività dell’associazione, chiede un aiuto ancora più grande: «Gli avevano regalato un terreno nella periferia di Huánuco, potevamo costruire un centro medico», grazie alla collaborazione di un amico architetto di San Benedetto del Tronto. «Ci incontravamo a metà strada, all’Aquila, in un parcheggio, per vedere l’avanzamento del progetto strutturato a moduli. Il sesto, l’ultimo, è stato inaugurato a giugno». Non solo emergenza, diagnostica, ginecologia, ortopedia: il Centro ambulatoriale ospedaliero include anche una casa materna, «per chi arriva a piedi dalle campagne», e ogni mese offre cure a circa 3.500 persone.

Negli anni Senzaconfini, che conta una cinquantina di membri, ha ampliato i suoi orizzonti di intervento e dal Perú si è spostato alla Colombia per aiutare i lebbrosi e le loro famiglie. In Camerun gli sforzi sono orientati all’approvvigionamento di acqua, e anche in Nepal l’ambizione è aprire un centro medico. «Sanità, igiene e prevenzione sono i nostri ambiti, ma in alcuni luoghi significa avviare una rivoluzione culturale», riflette Caterina, che per il suo impegno è stata insignita con il marito da Papa Giovanni Paolo II dell’onorificenza dell’Ordine di San Gregorio Magno. Dalle Ande e dalla foresta Caterina si porta dietro il mal di testa per l’altitudine e il ricordo del vento che al primo pomeriggio solleva la polvere. Ricorda due fratelli che plasmavano con il fango i mattoni di casa loro. Il minore, 5 anni, non riusciva a girarli perché il sole li asciugasse. Rivede una capanna lercia, un pavimento di creta, una madre sofferente e una bambina sull’uscio. «Ci sono cose – conclude – che ti segnano per la vita, e meno male sennò tutto ci scivolerebbe addosso. Noi ormai non ci sediamo più a tavola – confessa – senza prima aver pregato».

28 novembre 2016