Aleppo, il desiderio dei cristiani: «Che sia conosciuta la verità»

L’arcivescovo Chahda denuncia ad Acs: «Oggi non si conosce ciò che effettivamente succede sul territorio siriano. C’è una Chiesa che è viva»

L’arcivescovo Chahda denuncia ad Acs: «Oggi non si conosce ciò che effettivamente succede sul territorio siriano. C’è una Chiesa che esiste ed è viva»

L’arcivescovo di Aleppo dei Siri Denys Antoine Chahda lo afferma senza mezzi termini, nel suo colloquio con il direttore di Acs Italia Alessandro Monteduro: «Oggi non si conosce ciò che effettivamente succede sul territorio siriano, e questo ha un effetto negativo per la popolazione. L’esercito governativo sta preparando l’attacco finale per riconquistare Aleppo; esercito che, al contrario degli avversari, ha rispettato la tregua». Decisamente equilibrato il giudizio sul presidente siriano: Assad, sostiene il presule, «è il migliore fra gli attori politici disponibili. Noi – incalza – non difendiamo il governo siriano, noi difendiamo i diritti della gente che soffre a causa dei gruppi armati. Sono tutte vittime innocenti, che non si occupano di politica». Ora la conversione al cristianesimo non è possibile ma qualora Assad vinca, è la ocnvinzione del presule, «siamo sicuri che si possano aprire maggiori spazi per i cristiani, anzitutto sul piano costituzionale, migliorando così una Costituzione per la quale l’Islam non è la religione dello Stato».

Parla dei cristiani di Aleppo, monsignor Chahda, e del loro desiderio «che sia conosciuta la verità». E la verità, evidenzia, è che «c’è una Chiesa siriana, che esiste ed è viva. Essa chiede alla Chiesa occidentale di condividere le proprie sofferenze». Al momento sono rimasti «solo nel centro della città», dove ci sono cibo e farmaci ma «mancano acqua, gasolio per il riscaldamento ed elettricità». Nonostante il conflitto in atto l’arcivescovo non perde la consapevolezza del ruolo dei cristiani siriani: «Noi – sostiene – non siamo una minoranza bensì una comunità che dà una testimonianza missionaria. Storicamente, tra l’altro, le comunità cristiane hanno preceduto quelle islamiche”.

Quanto ai rapporti fra cristiani e fedeli dell’Islam l’arcivescovo si mostra sereno: «Oggi in centro città le relazioni fra le diverse componenti religiose sono buone, c’è collaborazione, come prima della guerra. Noi continuiamo a frequentare liberamente i nostri luoghi di culto, e i musulmani ci rispettano». Si tratta, per l’arcivescovo, di un fattore si speranza in vista dell’auspicata fine del conflitto: «Questi rapporti pacifici fra cittadini di diverso credo – continua – sono il presupposto per il futuro risanamento delle ferite della nazione. Ne siamo certi: il futuro sarà migliore. Siamo preoccupati solo per i gruppi armati».

22 novembre 2016